Il 30 settembre, la Ratcliffe-on-Soar, la 18esima centrale più inquinante d’Europa, ha smesso di bruciare carbone. D’ora in poi produrrà idrogeno verde.
Le esplorazioni alla ricerca di gas e petrolio mettono in grave pericolo la fauna marina
Le esplorazioni alla ricerca di petrolio e di gas naturale tramite le prospezioni geosismiche continuano ad espandersi nell’ambiente marino. Un gruppo di esperti chiede di migliorare la legislazione e la pianificazione a livello internazionale, per tentare di gestire i rischi che minacciano le specie marine.
Come dice il nome, le prospezioni geosismiche utilizzano onde sismiche, analoghe a quelle generate durante un terremoto, per esplorare la struttura e le caratteristiche del sottosuolo. A seguito dell’evoluzione tecnologica e della crescente domanda di combustibili fossili, queste esplorazioni vengono ora condotte durante tutto l’anno, a latitudini sempre più elevate e in acque sempre più profonde. Particolarmente a rischio è l’Artico, dove la diminuzione dell’estensione dei ghiacci ha aperto un potenziale ancora non sfruttato per l’esplorazione e l’estrazione di idrocarburi su larga scala.
I rischi per le specie marine
A causa del forte rumore che introducono nell’ambiente sottomarino e per gli effetti che hanno sulla fauna, le prospezioni geosismiche hanno suscitato molte polemiche. Numerosi studi scientifici dimostrano che a causa di queste indagini gli animali marini possono essere allontanati dal proprio habitat, cambiare il proprio comportamento, comunicare con maggiore difficoltà, subire elevati livelli di stress e, se si trovano vicino alla sorgente del rumore, incorrere in danni all’udito. Tali effetti sono stati documentati sui mammiferi marini, ma anche su pesci e invertebrati, quindi l’intera rete trofica potrebbe risultarne influenzata. Grazie alle sue basse frequenze, il rumore si può propagare attraversando oceani interi, per centinaia o addirittura migliaia di chilometri.
Come funzionano le prospezioni geosismiche
Una prospezione geosismica marina viene effettuata grazie a una o più navi che in genere utilizzano uno o più air gun, che costituiscono la sorgente dell’onda sismica. Quando viene attivato (di solito una o due volte al minuto), l’air gun rilascia una bolla d’aria compressa e genera un impulso sonoro diretto verso il basso. Mentre viaggia attraverso la colonna d’acqua e nel fondale, l’onda acustica viene riflessa e rifratta da strati di roccia dalle diverse proprietà. Le navi trainano anche uno o più cavi di ricezione contenenti idrofoni (microfoni subacquei), che raccolgono l’eco riflessa dell’onda sismica. Le caratteristiche dell’eco e il tempo che impiega ad arrivare ai ricevitori danno informazioni su ciò che l’onda ha incontrato nel fondale e forniscono un’immagine dettagliata della struttura di quest’ultimo. Le prospezioni geosismiche di natura commerciale hanno in genere lo scopo di identificare bacini di idrocarburi sottomarini, di modo che le compagnie petrolifere sappiano esattamente dove devono trivellare per estrarre le risorse. Questo tipo di indagini è anche utilizzato a fini di ricerca per studiare le proprietà geofisiche dei fondali marini.
Il rumore come forma di inquinamento: serve una maggiore regolamentazione
Un gruppo di esperti provenienti da diverse università e organizzazioni di tutto il mondo ha condotto uno studio pubblicato su Frontiers in Ecology and the Environment che sottolinea come, data l’ampia scala spaziale e temporale su cui si propaga il rumore generato dalle esplorazioni geosismiche, le misure esistenti per valutarne, attenuarne e monitorarne le potenziali conseguenze sono, nel migliore dei casi, insufficienti. I protocolli non sono standardizzati né aggiornati con le più recenti scoperte scientifiche relative agli impatti e alle tecnologie di mitigazione come ad esempio la vibrazione marina, una tecnologia alternativa che potrebbe sostituire gli air gun. Inoltre non prendono in considerazione l’esposizione cumulativa e ripetuta a cui gli animali sono soggetti nel tempo che può causare danni a lungo termine difficilmente rilevabili su piccola scala.
Gli esperti affermano che i governi, gli scienziati, le associazioni ambientaliste e le industrie debbano collaborare di più a livello regionale e internazionale per promuovere un coordinamento più efficace della gestione e pianificazione di queste attività. L’Unione europea e altri enti hanno riconosciuto il rumore come forma di inquinamento ma sono necessarie ulteriori norme internazionali che sorpassino i confini nazionali e regionali, per esempio tramite la revisione dell’International convention on the prevention of pollution from ships (Marpol). Questo porterebbe alla creazione di regole e protocolli standardizzati che faciliterebbero la valutazione dei potenziali impatti, l’applicazione di strategie di mitigazione all’avanguardia e la raccolta di importanti dati di monitoraggio.
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