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I cittadini giapponesi stanno regalando migliaia di vecchi cellulari, da cui verranno ricavati i materiali per le medaglie olimpiche di Tokyo 2020.
Anche alle Olimpiadi di Tokyo del 2020 i flash dei fotografi saranno puntati sugli atleti sul podio che, fieri e commossi, morderanno le loro medaglie olimpiche. Ma ci sarà qualcosa di diverso rispetto alla tradizione: per la prima volta, le medaglie saranno riciclate. La fonte? Gli smartphone usati che in questi mesi migliaia e migliaia di cittadini giapponesi stanno donando per l’evento.
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— World Economic Forum (@Davos) 24 giugno 2018
Da un telefono cellulare, fa sapere il World Economic Forum, mediamente si ricavano 0,048 grammi d’oro, 0,26 grammi d’argento e 12 grammi di rame (la componente principale del bronzo). Proprio i materiali che servono per le medaglie olimpiche. Considerato che per premiare gli atleti delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi ne serviranno circa cinquemila, il governo nipponico ha chiamato all’appello i cittadini per regalare gli smartphone e i piccoli dispositivi elettronici che non usano più. Alla sede del governo metropolitano di Tokyo, da sola, ne sono già stati recapitati circa 80mila. Questo esempio concreto di economia circolare è anche un modo per far sentire chiunque, nel suo piccolo, parte attiva di un evento ciclopico e solenne come le Olimpiadi.
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È passato più di mezzo secolo dalle ultime olimpiadi ospitate da Tokyo. All’epoca era il 1964 e, due decenni dopo il trauma della seconda guerra mondiale e della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, Tokyo esibiva di fronte al mondo il suo avveniristico sistema ferroviario e metropolitano, simbolo della rinascita e dell’industrializzazione del paese.
Ora il Giappone, secondo i dati della Banca Mondiale, è la terza economia globale. E, in fondo, non ha più bisogno di dimostrare la propria forza e la propria solidità. Piuttosto, l’intento è quello di costruire un futuro più sostenibile per l’ambiente e il territorio, dimostrandolo proprio a partire dai Giochi del 2020, quando gli occhi del mondo saranno tutti puntati su Tokyo.
L’idea delle medaglie olimpiche riciclate è soltanto uno dei tasselli di questo puzzle. Già nel 2010 Tokyo aveva introdotto il primo sistema urbano di “cap and trade” per i grandi edifici. In sostanza viene stabilito un valore massimo di emissioni di CO2, maturando dei crediti quando questo tetto non risulta raggiunto. Proprio i crediti generati dal programma verranno usati per azzerare le emissioni durante le cerimonie di apertura e chiusura. Parallelamente, verranno introdotti in città un centinaio di autobus a idrogeno.
In linea con l’Accordo di Parigi, il governo metropolitano di Tokyo ha sancito l’obiettivo di ridurre del 30 per cento le emissioni di gas serra entro il 2030, prendendo come punto di partenza i livelli del 2000. L’uso di energie rinnovabili, che nel 2015 copriva solo l’11 per cento dei consumi elettrici, verrà incrementato fino al 30% circa entro il 2030. Sempre secondo i piani dell’amministrazione della capitale, entro la stessa data bisognerà ridurre i consumi di energia del 38 per cento rispetto ai livelli del 2000. La sfida sembra percorribile, considerato che già dal 2001 la città si è dimostrata in grado di crescere economicamente, riducendo al tempo stesso il suo fabbisogno energetico.
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Come ricorda il World Economic Forum, Tokyo è anche e soprattutto un centro tecnologico che catalizza aziende e talenti di tutto il mondo. Anche le tecnologie dell’intelligenza artificiale e dell’internet of things, quindi, saranno messe al servizio di una città che vuole diventare a zero emissioni. Certo, i nodi da sciogliere sono ancora tanti e complessi, e il più macroscopico è quello del nucleare. Ma se ai propositi seguiranno i fatti, i Giochi del 2020, con le loro medaglie olimpiche riciclate dagli smartphone, saranno soltanto i blocchi di partenza della corsa verso un futuro più sostenibile.
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