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20 febbraio, Giornata mondiale della giustizia sociale. Un’occasione per ricordare che crescita economica e diritti dei cittadini non sono in antitesi.
Far aumentare il pil di una nazione non significa necessariamente tralasciare i diritti della società. Vale la pena di ribadirlo a chiare lettere proprio oggi, in occasione della Giornata mondiale della giustizia sociale (World day of social justice) indetta dall’Onu. Ma quali sono gli Stati che crescono economicamente mettendo al centro delle loro politiche la giustizia sociale, i diritti e gli standard di vita delle persone? Ci dà una risposta l’edizione 2017 del report “Sviluppo e crescita inclusiva 2017” del World Economic Forum.
Il World Economic Forum ha elaborato l’Indice di crescita inclusiva (Idi), che si basa su una serie di fattori: pil pro capite, aspettativa di vita, tasso di disoccupazione, diseguaglianze nel reddito, tasso di povertà e così via. La Norvegia è stabilmente in testa alla classifica per tutti gli indicatori che fanno capo alla giustizia sociale: qualità della vita, misure di tutela sociale, contrasto alle diseguaglianze. Nel paese si segnala una forte mobilità sociale, un ridotto tasso di disoccupazione e una consistente partecipazione femminile al mercato del lavoro, favorita da politiche molto avanzate per il congedo parentale e dal basso costo dei servizi per bambini. I tre Paesi che hanno raggiunto i progressi più consistenti negli ultimi cinque anni sono Islanda, Nuova Zelanda e Israele.
La nostra Penisola, invece, ha ancora parecchia strada da fare. Lo dimostra il fatto che si collochi solo al ventisettesimo posto tra le economie avanzate, tra alti e bassi. Le performance migliori sono sul versante dell’accesso all’istruzione, dei salari e delle disposizioni fiscali. Va molto peggio quando si parla di corruzione, infrastrutture digitali, occupazione produttiva, inclusione finanziaria, proprietà di case e asset finanziari, equità tra generazioni.
Anche per gli Stati ai vertici di questa classifica, il tasto dolente è soprattutto quello delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito. Di recente ha fatto scalpore il report pubblicato da Oxfam proprio in occasione del World Economic Forum di Davos, con la sua sconcertante rivelazione: otto individui, da soli, hanno in mano la stessa ricchezza che si deve spartire la metà più povera della popolazione globale. Ovvero 3,6 miliardi di persone. Se le cose non cambieranno, radicalmente e in fretta, entro i prossimi venticinque anni potrebbe nascere il primo trillionaire, vale a dire la prima persona con un patrimonio di oltre mille miliardi di dollari. Secondo la ong, la strada per la giustizia sociale è ancora molto lunga. “Sono la natura stessa delle nostre economie e i principi alla base dei nostri sistemi economici ad averci portato a questa situazione estrema, insostenibile e ingiusta”, si legge nel rapporto.
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