Il Lussemburgo, prima nazione a vietare l’uso del glifosato, è costretto a fare retromarcia. Benché infatti il pesticida non sia più acquistabile sul suo territorio dal 1 febbraio del 2020, una sentenza ha imposto alle autorità del paese europeo di autorizzare nuovamente la commercializzazione di otto prodotti contenenti tale sostanza chimica. Che nel 2015 è stata classificata come un “probabile cancerogeno” dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc).
Per la Corte amministrativa del Lussemburgo mancavano sufficienti “argomentazioni giuridiche”
La Corte amministrativa del Lussemburgo ha infatti deciso, il 31 marzo, di annullare il provvedimento che per nove mesi aveva consentito in via transitoria l’utilizzo degli stock già acquistati dagli agricoltori, per poi introdurre un divieto totale dal 1 gennaio 2021. Secondo i giudici, a mancare sarebbero sufficienti “argomentazioni giuridiche” che potessero giustificare una scelta contraria rispetto a quella operata dall’Unione Europea.
Dopo la pubblicazione della sentenza, il ministero dell’Agricoltura del Lussemburgo ha confermato che “l’annullamento della normativa comporta che le autorizzazioni al commercio dei prodotti fitofarmaceutici in questione sono nuovamente in vigore a partire dalla data del pronunciamento”. Immediata la reazione (ovviamente positiva) della Bayer, colosso tedesco che ha acquistato la Monsanto, azienda produttrice del Roundup, il più diffuso diserbante a base di glifosato.
Esulta la multinazionale tedesca Bayer, che produce il Roundup a base di glifosato
Secondo la multinazionale “la Corte ha confermato che il ritiro dal mercato violava il diritto europeo”. E ha poi aggiunto che la scelta delle autorità del Lussemburgo “non era basata su alcun elemento scientifico”. Eppure, non soltanto lo Iarc – agenzia che dipende dall’Organizzazione mondiale della sanità – ma anche altri soggetti nazionali hanno confermato il possibile legame tra l’esposizione al glifosato e l’insorgenza di linfomi non Hodgkin, come nel caso dell’Istituto Nazionale per la ricerca medica francese (Inserm). Inoltre, uno studio scientifico pubblicato nel 2019 e curato da un gruppo di ricercatori delle università di Berkeley e Seattle, assieme alla Icahn School of Medicine di New York, aveva affermato che trovarsi a contatto con il glifosato aumenta del 41 per cento le possibilità di sviluppare la malattia.
Altri studi, di contro, hanno affermato che non sarebbe possibile provare una correlazione. Ciò che è certo è che la scienza non è unanime sulla questione, ed è per questo che numerose organizzazioni non governative hanno invocato l’applicazione di un principio di precauzione. Altrimenti detto: finché non saranno fugati tutti i dubbi, è bene evitare di utilizzare l’erbicida, per tutelare il più possibile la salute di chi lavora o vive nelle zone coltivate.
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