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Riconvertire e valorizzare le infrastrutture dismesse per un turismo lento e sostenibile, alla scoperta di tradizioni, territorio e cultura. Sarà questo il tema della presentazione della prima greenway del centro Italia. L’editoriale di Legambiente.
Ripensare i tracciati delle ferrovie abbandonate come nuovi sentieri per un turismo slow, quello che sceglie di viaggiare in bicicletta o a piedi per apprezzare in modo diverso paesaggi, incontri e suggestioni. Di questo si occuperà la due giorni internazionale dedicata alla mobilità dolce, che si terrà il 24 e il 25 novembre a Fossacevia e a Vasto, in Abruzzo.
L’appuntamento, dal titolo “Greenway sulla costa dei trabocchi, esperienze europee a confronto”, organizzato dalla Camera di commercio di Chieti con Legambiente, Associazione europea delle Greenway e Alleanza della mobilità dolce, intende valorizzare e stimolare forme di riconversione e valorizzazione di infrastrutture dismesse, come la strada ferrata lungo la costa abruzzese che univa la Puglia al nord Italia. A metà degli anni Duemila, la linea è stata spostata su un nuovo tracciato, ma quello vecchio è rimasto dov’era, a pochi metri dal mare, con le paratie per difenderlo dalle onde accanto ai trabocchi, le affascinanti palafitte in legno per la pesca, tradizionali di questo tratto della costa adriatica.
Per valorizzare la vecchia ferrovia è nato il progetto della ciclovia dei trabocchi: la riconversione della linea nella prima greenway del centro Italia, un percorso di 42 chilometri dedicato alla mobilità dolce, ossia quella dei ciclisti e dei camminatori. Lungo il tracciato, che passa per i nove comuni della costa, si possono ammirare alcuni tra i paesaggi più suggestivi dell’Abruzzo, come il tratto della riserva naturale regionale Punta Aderci, e diverse testimonianze storiche, tra cui il castello aragonese di Ortona o l’abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia.
La ricchezza di opere di archeologia industriale e gli scorci paesaggistici stanno già stimolando la nascita di nuove economie locali, che favoriscono il riuso delle infrastrutture storiche locali, ma anche del patrimonio immobiliare da riconvertire, dando ragione ai numeri che ci dicono che per ogni euro investito in ciclabilità ritorna alla collettività dai 3 ai 4 euro in meno di tre anni. Questa esperienza made in Italy sarà messa a confronto con iniziative analoghe realizzate in Spagna, Francia, Belgio e Irlanda, grazie alla presenza degli ospiti internazionali che verranno a raccontare la loro esperienza di greenway.
Per il nostro Paese è fondamentale pensare a un modello di sviluppo che punti anche sul recupero e sul restauro, oltre che sulle qualità e sulle tradizioni locali, attraverso la creazione di una rete d’impresa con forte identità territoriale e capace di produrre forme nuove di turismo, e quindi di economia, sostenibile.
Alcuni segnali in questo senso sono incoraggianti, basti pensare all’atlante nazionale dei cammini del ministero dei Beni culturali o all’atlante di viaggio lungo le ferrovie dismesse di Rfi e alle recenti leggi, una sulla mobilità ciclistica, in attesa del via libera del Senato, e una sulle ferrovie turistiche. Ma si tratta ancora di iniziative puntuali e scollegate, che non appartengono a una strategia politica nazionale complessiva che organizzi questo importante settore, come avviene, per esempio, in Spagna o in Irlanda. Perché l’Italia investa con successo sulle greenway è necessario la regia del governo, la predisposizione di un quadro di norme e la disponibilità di risorse per recuperare e valorizzare il patrimonio in disuso.
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