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Prima le proteste nel fango a Lützerath, poi la presenza più istituzionale a Davos. In pochi giorni Greta Thunberg si è fatta sentire lì dove più conta.
È stata una settimana intensa per l’attivista per il clima svedese Greta Thunberg. Dopo alcuni mesi di lavoro più sottotraccia, ora si è palesata in due dei luoghi simbolo del disastro climatico in corso. Prima in Germania a Lützerath, il villaggio in procinto di essere demolito per far spazio a una miniera di carbone; poi in Svizzera a Davos, dove i potenti del mondo sono riuniti per il consueto Forum economico mondiale, il World economic forum, in cui definire le sorti del pianeta.
Tra fermi di polizia, arringhe dal palco e stivali sporchi di fango, Greta Thunberg ha dato nel giro di poche ore nuova linfa a un movimento, quello ambientalista transnazionale, che ora come non mai ne aveva bisogno.
Lo scorso weekend Greta Thunberg è arrivata a Lützerath, in Germania. Il villaggio è destinato alla distruzione per fare spazio a una miniera di lignite, ma da tempo è occupato da attivisti ambientali che vogliono ostacolare lo sgombero.
Nel corso della prima manifestazione del 14 gennaio contro il progetto estrattivo minerario della società Rwe, Thunberg è stata spintonata dalla polizia e allontanata dal luogo della protesta. Il 17 gennaio la scena si è ripetuta, con immagini più forti. La polizia l’ha presa di peso e portata via mentre presenziava a un sit-in nei pressi di Garzweiler, dove si trova una delle miniere di carbone già funzionanti e che si vuole allargare inglobando l’area di Lützerath. Thunberg è stata fermata insieme ad altri attivisti e identificata e le sue immagini nelle mani della polizia hanno fatto il giro del mondo, divenendo iconiche.
Nel corso della sua trasferta in Renania, Thunberg ha definito “ridicola” la decisione del governo tedesco, guidato dai Verdi, di continuare a puntare sul fossile, affermando che questo è la prova che i cambiamenti per affrontare l’emergenza climatica non potranno arrivare dall’alto ma solo dal basso.
Due giorni dopo il fermo e il rilascio in Germania, Greta Thunberg è comparsa a Davos, in Svizzera, dove in questi giorni è in corso il World economic forum che riunisce i potenti del pianeta. La sua presenza non era stata annunciata, ma ha fatto molto rumore, in compagnia di altre attiviste come Vanessa Nakate, Helena Gualinga e Luisa Neubauer, leader di Fridays for Future Germania.
“La gente che dovremmo ascoltare non si trova qui. A Davos c’è la gente che alimenta la distruzione del pianeta, quella che sta al cuore del problema della crisi climatica, che continua a investire sulle fonti fossili”, ha denunciato Thunberg da uno degli spazi occupati da attivisti e associazioni ambientali a pochi passi da quelli del forum. L’attivista svedese ha lanciato un appello che ha a che fare con il villaggio di Lützerath, ma non solo, chiedendo di fermare l’apertura di nuovi siti di estrazione di petrolio, gas e carbone. E ha presentato una petizione con 900mila firme in cui si accusano i manager delle società energetiche di aver ingannato per decenni la popolazione mondiale e in cui si chiede un cambio di rotta.
Le attiviste arrivate a Davos e guidate da Greta Thunberg hanno anche incontrato Fatih Birol, direttore generale dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), che ha riconosciuto l’importanza di aumentare l’attenzione sui cambiamenti climatici.
Nelle ultime ore la polizia ha sgomberato definitivamente dagli attivisti ambientali il villaggio di Lützerath. Nel frattempo a Davos i potenti del mondo continuano a incontrarsi e a definire le sorti del pianeta. Queste due situazioni però non significano che i blitz guidati da Greta Thunberg non siano stati un successo, anzi.
Nel giro di pochi giorni l’attivista svedese si è prima sporcata gli stivali e ha poi rischiato di sporcare la sua fedina penale, presenziando nel fango (e nonostante la militarizzazione) nei siti estrattivi di lignite tedeschi. Poi ha cambiato veste, palesandosi nel contesto iper-istituzionale del forum di Davos e facendolo a pezzetti con dichiarazioni che in fin dei conti si sono prese la scena molto più di quelle dei leader riuniti in Svizzera. Con le sue azioni degli ultimi giorni nei luoghi più caldi della lotta ambientale, Greta Thunberg ha insomma dato nuova linfa a un movimento che negli ultimi tempi sembrava essersi indebolito.
Da una parte il lockdown e il Covid-19 avevano reso meno partecipata la mobilitazione di piazza, dall’altra la radicalità di alcune operazioni dimostrative dei collettivi ambientalisti, dai blocchi delle strade agli assalti all’arte, avevano fatto storcere il naso a molti. Thunberg con le sue apparizioni pubbliche degli ultimi giorni ha però ripreso le redini di un movimento generazionale e ricordato l’urgenza della battaglia in corso. Ha fatto emergere l’importanza della mobilitazione dal basso e questo ha dato maggiore credibilità anche a quelle azioni dimostrative meno capite e accettate dalla società civile.
Con lei c’erano poi le più importanti associazioni di lotta all’emergenza climatica, a Lutzerath erano addirittura in decine di migliaia di persone, numeri che hanno disegnato una resistenza che non si vedeva da tempo. La sensazione è dunque che sia nata una nuova stagione per l’attivismo ambientale, la cui fonte di energia è anche e sopratutto il carisma e l’ostinazione di Greta Thunberg.
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