
Negli Stati Uniti alcuni scienziati hanno individuato dieci pesticidi con effetti dannosi sui neuroni dopaminergici collegati allo sviluppo del Parkinson.
Sostituire con dei funghi il 30% della carne di ogni hamburger venduto negli Stati Uniti eviterebbe emissioni pari a 10,5 milioni di tonnellate di CO2.
Il piatto preferito dagli americani è una bomba ecologica. Parliamo degli hamburger, da sempre un “must” della dieta dello “statunitense medio” (e non solo). Per comprendere fino a che punto arrivi l’impatto dei celebri medaglioni di carne tritata sull’ambiente, è sufficiente dare un’occhiata ai risultati di un recente studio del World Resources Institute (Wri).
È noto infatti che l’impronta ecologica degli hamburger (e della carne in generale) è particolarmente elevata, a causa delle risorse necessarie per far funzionare gli allevamenti e delle emissioni di gas ad effetto serra, principalmente metano, causate dal bestiame. Gli esperti del think tank americano non si sono limitati però a calcolare con precisione il “costo” in termini di emissioni di CO2 dell’alimento, ma hanno fornito al contempo un semplice suggerimento.
Secondo lo studio, basterebbe infatti sostituire il 30 per cento della carne bovina presente nei 10 miliardi di hamburger che vengono consumati ogni anno negli Stati Uniti con dei funghi per evitare emissioni pari a 10,5 milioni di tonnellate di biossido di carbonio. Le stesse che vengono disperse nell’ambiente, sempre in un anno, da 2,3 milioni di automobili.
Inoltre, tale piccolo cambiamento in senso “vegetariano” consentirebbe di ridurre il consumo di acqua di circa 370 milioni di litri e di liberare superfici oggi adibite ai pascoli pari a 36mila chilometri quadrati. Pari a poco meno dell’estensione di Lombardia e Alto Adige messi insieme: d’altra parte, oggi, negli Stati Uniti gli allevamenti di bovini occupano circa la metà del territorio e sono responsabili di circa il 50 per cento delle emissioni di gas ad effetto serra dell’intero settore alimentare.
Il consumo di carne nella nazione nordamericana, inoltre, ha ricominciato a crescere a partire dal 2014: quest’anno la quantità ingerita da ciascun cittadino, in media, dovrebbe superare i 100 chilogrammi.
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