Jacobabad e Ras al-Khaima, le prime città diventate invivibili per il caldo torrido

Il caldo può diventare letteralmente invivibile? La risposta è sì: lo affermano gli scienziati e si tocca già con mano in Pakistan e a Ras al-Khaima.

Nella bozza del Sixth assessment report, messa in circolazione dalla stampa a fine giugno, gli esperti del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc) delineavano un futuro fatto di caldo invivibile, estinzione di specie, epidemie, collasso degli ecosistemi, città minacciate dal livello dei mari. Un futuro che sembrerebbe fin troppo apocalittico, se non fosse la logica conseguenza di quel riscaldamento globale su cui gli scienziati cercano a tutti i costi di richiamare la nostra attenzione ormai da anni. Anzi, in alcuni luoghi del mondo questa non è una previsione ma la realtà, già oggi. È il caso di Jacobabad, in Pakistan, e dell’emirato di Ras al-Khaima. Due città che hanno già raggiunto una temperatura ritenuta incompatibile con la sopravvivenza umana.

Quando il caldo diventa invivibile

Per la sua capacità di termoregolazione, il corpo umano è capace di resistere a temperature estreme, anche di 60 gradi centigradi. O addirittura di 100, se sono di breve durata. Questo, però, a patto che l’aria sia secca e permetta al sudore di evaporare, rinfrescando l’organismo. Quando però la colonnina di mercurio supera stabilmente i 35 gradi con un tasso di umidità del 90 per cento, il meccanismo si inceppa e la temperatura corporea si alza. “Possiamo iniziare ad avere problemi di vista, vertigini, disturbi neurologici”, spiega a un’emittente televisiva francese il cardiologo sportivo Laurent Uzan. Nei casi più gravi si arriva al coma, alle convulsioni e a gravi complicazioni cardiache e renali.

Caldo a Portland
Un cooling center a Portland, cioè un luogo messo a disposizione della cittadinanza per rinfrescarsi ed evitare malori legati al caldo © Nathan Howard/Getty Images

A Jacobabad picco di ricoveri in ospedale

È esattamente il clima che caratterizza Jacobabad, nella provincia del Sindh, in Pakistan. I suoi 200mila abitanti sono sempre stati abituati a estati torride, visto che la città si trova proprio in corrispondenza del tropico del cancro e i raggi del sole la colpiscono perpendicolarmente nel solstizio d’estate. La situazione, però, sta peggiorando a vista d’occhio. L’aria umida in arrivo dal mar Arabico ha contribuito a sfondare il tetto dei 52 gradi centigradi e tutto fa pensare che il trend sia destinato a peggiorare. I blackout sono sempre più frequenti, così come i ricoveri per infarti e altri problemi cardiaci, considerato che solo i più fortunati hanno un impianto di aria condizionata in casa.

Pioggia artificiale su Ras al-Khaima

L’altro centro ad aver superato la soglia dei 52 gradi, ritenuta per convenzione invivibile, è Ras al-Khaima. Affacciato sul golfo Persico, è uno dei sette emirati che compongono gli Emirati Arabi Uniti. In questi giorni stanno circolando video che mostrano violenti temporali abbattersi sul territorio; peccato però che si tratti di pioggia artificiale.

Attraverso tecnologie sviluppate grazie agli investimenti milionari delle autorità emiratine, infatti, i droni raggiungono le nuvole e rilasciano scariche elettriche che favoriscono la condensazione del vapore acqueo. Il risultato sono i rovesci di pioggia, pensati per dare sollievo al clima desertico che caratterizza la zona. Un palliativo, non certo una soluzione.

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