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In un anno muoiono più persone per l’aria inquinata di Kabul che per la guerra in Afghanistan. Ecco perché si rischia una “catastrofe sanitaria”.
L’Afghanistan è in guerra dal 1978. L’anno scorso 2.798 civili sono morti nel conflitto. Eppure c’è qualcosa di più pericoloso che minaccia la sopravvivenza degli afghani: l’inquinamento atmosferico. Ogni anno, a Kabul, tremila persone perdono la vita per colpa della pessima qualità dell’aria che respirano.
“È impossibile restare sani senza indossare una maschera antismog”, racconta Ahmad Wali, farmacista che non la toglie neppure al lavoro. “Io sto male da anni”, confida Malalai, madre di nove figli. “Quando parlo resto senza fiato dopo qualche minuto. Quando respiro mi fa male il petto. Non posso camminare, ma neppure stare in piedi per troppo tempo: non ho più energie”.
Come si evince dalle testimonianze, la situazione è drammatica. Secondo il ministero della Salute, in Afghanistan le infezioni delle vie respiratorie sono la causa principale di morte prematura. “La cattiva qualità dell’aria ha un impatto molto negativo sulle persone, specialmente sui bambini”, spiega il dottor Mohammad Akbar Iqbal, che lavora all’ospedale pediatrico di Kabul. “I più piccoli, infatti, non hanno un sistema immunitario abbastanza forte per combattere le tossine”.
Le cause dell’inquinamento sono molteplici. Prima di tutto, la guerra ha fatto sì che un grande numero di persone abbandonasse le zone rurali per trasferirsi a Kabul, un luogo più sicuro. Di conseguenza molti vivono in baracche costruite abusivamente in una città pensata per ospitare un milione di abitanti, che ora ne accoglie quasi cinque milioni. Chiaramente non è facile fornire a tutti servizi sanitari adeguati, per di più in un paese distrutto dal conflitto. Gli spazi verdi nella capitale sono pressoché inesistenti, tanto che l’anno scorso il dipartimento per la gestione delle risorse naturali ha annunciato un piano da 40 milioni di dollari per destinare 10mila ettari di terra alla creazione di parchi e giardini. Al momento, però, dalle parole non si è ancora passati ai fatti.
L’altro grande problema è il traffico. Ogni giorno 800mila veicoli vecchi e malconci, alimentati con carburanti altamente inquinanti, affollano le polverose strade di Kabul. Il diesel alimenta i generatori elettrici delle abitazioni; per riscaldare le gelide notte invernali non bastano legna e carbone, ma si brucia tutto ciò che fa comodo: rifiuti, plastica, pneumatici. In periferia le industrie minerarie lavorano a pieno ritmo, mentre operai minorenni sfornano mattoni tutto il giorno.
And I’m greeted in Kabul by a familiar wall of pollution. It’s truly shocking how bad the air quality is here. pic.twitter.com/2gAsAcfM90
— Stephanie Case (@runningcase) 16 gennaio 2019
“Se non si fa qualcosa per ridurre l’inquinamento l’Afghanistan si troverà nel breve termine ad affrontare una catastrofe sanitaria”, è l’allarme di Erfanullah Shifa, medico dell’ospedale Jamhuriat. Alcuni provvedimenti sono stati presi: in aggiunta al venerdì, anche il giovedì è stato proclamato giorno di festa per diminuire gli spostamenti dei lavoratori. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha installato a Kabul dei dispositivi per monitorare la qualità dell’aria e, quando il livello di polveri sottili supera la soglia di pericolosità, il governo può interrompere l’attività delle fabbriche e gli spostamenti dei trasporti pubblici. Lo ha dichiarato Ezatullah Sediqi, vicedirettore generale degli Affari tecnici, ad Al Jazeera.
La speranza è che gli spazi verdi aumentino: “Un albero molto grande può assorbire 150 chili di anidride carbonica all’anno e filtrare gli elementi inquinanti presenti nell’aria”, spiega Hiroto Mitsugi, a capo del dipartimento forestale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Dobbiamo renderci conto che l’inquinamento e gli effetti dei cambiamenti climatici possono essere più pericolosi delle guerre, oltre che portarne di nuove. Come nel caso dei conflitti, anche per limitare i danni del riscaldamento globale serve che gli stati collaborino fra loro per riportare la serenità nelle vite dei loro abitanti.
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