
Gli Stati Uniti registrano la più significativa riduzione delle emissioni dal secondo dopoguerra, ma tutto potrebbe cambiare con il ritorno alla normalità.
Secondo uno studio l’incidente petrolifero del 2010 ha causato malattie croniche nelle femmine di delfino che avrebbero provocato un’elevatissima mortalità della loro prole.
Molte specie animali stanno ancora pagando il conto della scelleratezza umana e di quello che è stato forse il più grave disastro ambientale della storia americana. Parliamo dell’incidente della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, di proprietà della British Petroleum (Bp), che esplose nel 2010 durante la realizzazione di un pozzo a 1.500 metri di profondità nelle acque del Golfo del Messico. L’incidente uccise undici persone e provocò il riversamento in mare di circa 780 milioni di litri di petrolio.
Quel petrolio continua ad uccidere ancora oggi e “ci vorranno anni o persino decenni prima di conoscere il reale impatto ambientale”, si legge nel rapporto della National Wildlife Federation pubblicato nel 2015. A pagare le conseguenze dell’incidente è soprattutto la fauna selvatica, in particolare, tursiopi e tartarughe marine stanno morendo a un ritmo senza precedenti.
La mortalità tra i cuccioli di delfino è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni nell’area del Golfo del Messico, uno studio condotto dall’agenzia federale statunitense Noaa, (National Oceanic and Atmospheric Administration) e pubblicato lo scorso martedì, collega questo fenomeno allo sversamento di petrolio che avrebbe causato malattie croniche nei delfini che si trasmettono poi ai nascituri. I ricercatori hanno analizzato i delfini morti tra il 2010 e il 2014 nelle zone costiere di Louisiana, Mississippi e Alabama.
Lo studio evidenzia notevoli differenze tra i piccoli delfini trovati morti all’interno dell’area colpita dal disastro e quelli morti invece altrove per altre cause. I ricercatori hanno scoperto che i cetacei rinvenuti nel Golfo del Messico che sono morti nel grembo materno o subito dopo la nascita erano significativamente più piccoli di quelli trovati in altre aree.
L’88 per cento degli animali trovati dove c’è stata la fuoriuscita di petrolio presentava gravi anomalie polmonari, alcuni esemplari avevano i polmoni parzialmente o completamente collassati. Mentre tra i delfini rinvenuti morti in altre zone solo il 15 per cento aveva malformazioni di questo tipo. Secondo gli scienziati i piccoli delfini sarebbero morti nell’utero materno o subito dopo la nascita e i loro polmoni non hanno mai avuto la possibilità di svilupparsi completamente.
“I nostri risultati confermano quelli di precedenti studi scientifici e dimostrano che l’esposizione a sostanze derivate dal petrolio ha gravemente compromesso la salute riproduttiva dei delfini che vivono nel nord del Golfo Messico”, ha dichiarato la dottoressa Teri Rowles, veterinaria e responsabile del programma per la salute dei mammiferi marini del Noaa.
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