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Un paradiso terreste di 13mila chilometri quadrati, irrimediabilmente compromesso da quasi un secolo di estrazioni sconsiderate. Così il lago di Maracaibo in Venezuela è diventato nero.
Il petrolio ormai è ovunque. È nell’acqua del lago che è diventata nera, è sulle piume dei volatili che vengono risucchiati da una morsa mortale, è sugli stivali dei pescatori che non sanno più cosa fare. Un secolo di estrazioni sconsiderate ha rovinato il lago più grande del Sudamerica, trasformandone irrimediabilmente l’ecosistema.
All’inizio del secolo scorso, il lago era il paradiso caraibico che si potrebbe immaginare: l’economia era basata sulla pesca e lungo le sue sponde sorgevano colorati villaggi folkloristici che animavano la zona. L’acqua era cristallina, le spiagge erano pulite e la vita proliferava.
Poi, nel corso dei primi anni del ‘900, tutto è cambiato. A seguito della scoperta di enormi giacimenti di petrolio sul suo fondale, la società è stata completamente trasformata, al punto che l’area è stata riconvertita in un vero e proprio sito industriale.
Gli impianti realizzati non rispettavano né l’ambiente né la sicurezza degli abitanti e così, già nel 1932, le autorità civili hanno definito l’acqua dell’estuario “inutilizzabile a causa della quantità di petrolio che l’ha inquinata”.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le attività petrolifere, invece che diminuire o arrestarsi, sono addirittura aumentate fino a raggiungere un picco nei primi anni del 2000.
Oggi il lago è attraversato da più di 25mila chilometri di tubi che, non essendo mai stati messi a norma, perdono ingenti quantità di petrolio. Un report redatto da Petroleos de Venezuela SA (Pdvsa), compagnia petrolifera statale, e riportato dal giornale francese Science et avenir, ha stimato che, a causa di queste perdite, ogni giorno vengano riversati nel lago otto barili di petrolio, che equivalgono a tremila barili all’anno.
Anche le entrate derivanti da questo settore sono diminuite vertiginosamente: in passato le estrazioni arrivavano a riempire più di tre milioni di barili al giorno, mentre oggi si superano a fatica i 160mila barili.
Paradossalmente, le estrazioni sono diminuite, ma l’inquinamento è aumentato.
In più, ci sono prove che il lago venga anche utilizzato come discarica a cielo aperto, in quanto più di mille compagnie sono state colte a riversare gli scarti delle loro produzioni dentro le sue acque. Infatti, l’Institute of control and conservation of lake Maracaibo (Iclam), l’Istituto di controllo e conservazione del lago Maracaibo, ha trovato al suo interno svariate sostanze chimiche come solfati, fluoridi, nitrogeni e detergenti che rendono la zona incompatibile con la vita.
Sono racconti che fanno paura quelli degli abitanti del lago. Paul, uno dei pochi pescatori che sono rimasti, ha raccontato che “a causa dei forti venti del sud, il petrolio che fuoriesce dal suolo viene sparso ovunque su tutta la superficie del lago”.
“Non si riesce a dormire per via dell’odore. La gente sta male, specialmente i bambini, ma nessuno ci ascolta” racconta Giovanny, un altro pescatore del luogo. Le loro barche e le loro reti sono state ricoperte da uno spesso strato di petrolio che sta silenziosamente uccidendo tutto l’ecosistema che lo circonda.
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Ormai sono anni che la situazione al lago non fa che peggiorare. L’unica speranza è che il recente interesse mondiale per i temi ambientali possa contribuire a smuovere la situazione anche a livello nazionale.
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