L’associazione dei consumatori, analizzando otto campioni di riso basmati, ha rilevato la presenza di pesticidi in circa la metà dei campioni, e aflatossine in cinque di essi.
Servirebbero 37 miliardi di euro per riparare ai danni ambientali e sanitari della produzione e del consumo di carne nel nostro Paese. L’indagine della Lav.
Dopo lo studio tedesco che ha calcolato il costo del cibo tenendo conto del suo impatto ambientale (e che ha rivelato che la carne aumenterebbe il suo prezzo del 146 per cento), anche un’indagine della Lav (Lega anti vivisezione) ha cercato di svelare i costi occulti, in termini ambientali e sanitari, della produzione e del consumo della carne in Italia.
I dati emersi dallo studio, affidato a Demetra, società di consulenza in ambito di ricerca scientifica sulla sostenibilità, rivelano che, in un anno, sulla collettività gravano 36,6 miliardi di euro di costi “nascosti” generati dall’impatto ambientale e sanitario della produzione e del consumo di carne in Italia, che non sono conteggiati nel prezzo che i cittadini pagano quando acquistano cibi di origine animale. Diviso per la popolazione italiana, il danno generato dal consumo pro capite di carne si attesta sui 605 euro annui (tra i 316 e i 1.530 euro a testa). Il costo medio è ripartito quasi equamente tra costi ambientali (48 per cento) e costi sanitari (52 per cento).
A causare più danni, la carne di maiale lavorata (54 per cento), seguita da quella di bovino fresca e lavorata (31 per cento). Nella produzione di 1 kg di carne di suino lavorata il costo occulto ammonta a 19 euro (5 euro di danni ambientali e 14 euro di danni sanitari); la cifra è la stessa per la carne di bovino, in cui si inverte però la percentuale di danni ambientali (13,5 euro euro) e sanitari (5,4 euro); per un chilo di carne di maiale fresca il sovrapprezzo è di oltre 10 euro (4,9 di costi ambientali, 5,4 di sanitari), mentre è di circa 5 euro per ogni chilo di pollo.
Per la Lav la soluzione è quella di attivare politiche nazionali e comunitarie che incentivino il consumo di proteine vegetali in alternativa a quelle animali. Il costo occulto dei legumi ammonterebbe infatti a soli 5 centesimi per una porzione di 100 grammi (contro, ricordiamo, 1,90 euro di un etto di carne). E anche escludendo i benefici sull’organismo derivanti da una dieta a base di legumi, il costo nascosto della carne risulta tra le 8 e le 37 volte quello dei legumi.
L’associazione propone anche, dall’altra parte, un taglio dei sussidi alla filiera zootecnica. La ricerca è stata pubblicata nei giorni che hanno seguito le dichiarazioni dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che, intervenuto durante una conferenza, ha sostenuto come, per motivi sanitari e ambientali, si dovrebbero privilegiare le proteine vegetali a quelli animali. Dichiarazioni che, però, hanno scatenato dure reazioni del comparto zootecnico italiano. Le soluzioni andranno trovate dalla politica, ma intanto la consapevolezza dei consumatori potrebbe disegnare già una direzione da prendere.
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