
Secondo uno studio, il passaggio da una dieta tradizionale africana a una tipica del mondo occidentale globalizzato, aumenta l’infiammazione e diminuisce la risposta ai patogeni. Il passaggio inverso comporta invece benefici.
Greenpeace Africa chiede una modifica della normativa sui semi in Kenya che favorirebbe le multinazionali a discapito dei piccoli agricoltori.
I semi sono fonte di vita, sono fondamentali per la produzione agricola, per la sicurezza alimentare e per la tutela della biodiversità. Da secoli gli agricoltori di tutto il mondo li scambiano e li commerciano.
Questa pratica, in Kenya, invece, è vietata, almeno per quanto riguarda le sementi autoctone non certificate e non registrate. Una legge del 2012 punisce i trasgressori con multe salate e pene detentive. Lo raccontano Greenpeace Africa e l’ong Seed Savers Network che chiedono una modifica della normativa per tutelare i diritti dei piccoli agricoltori che, nella maggior parte dei casi, non sono nemmeno a conoscenza dell’esistenza di questo divieto.
Per Claire Nasike di Greenpeace Africa si tratta di una legge che, con il pretesto di regolamentare l’industria delle sementi, rafforza il neocolonialismo impoverendo i piccoli agricoltori e favorendo il controllo delle multinazionali. “Negare a questi agricoltori il diritto di utilizzare i loro semi autoctoni è un furto delle risorse biologiche che si tradurrà in una bassa produzione alimentare che porterà all’insicurezza alimentare” – denuncia Greenpeace. Senza contare, poi, la perdita di biodiversità dal campo al piatto.
Secondo alcuni studi citati da Greenpeace, il 90 per cento dei semi piantati in Kenya sono semi cosiddetti “informali” da cui dipendono l’80 per cento dei piccoli agricoltori kenioti che scambiano, comprano e vendono le sementi nei mercati locali. La condivisione dei semi è una tradizione secolare in Kenya, mentre l’acquisto di sementi certificate risulta più costoso per i piccoli produttori. Inoltre, mentre i semi indigeni sono caratterizzati da un alto valore nutritivo e una naturale resistenza ai parassiti e alle malattie, le sementi industriali richiedono spesso l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici.
“Il ruolo di custodi e allevatori di semi dei piccoli agricoltori dovrebbe essere sostenuto dalle leggi del governo”, ha affermato Dominic Kimani di Seed Savers Network. “La criminalizzazione dello scambio e della condivisione dei semi negherà agli agricoltori i loro mezzi di sostentamento, incoraggerà la biopirateria e ridurrà la diversità genetica vegetale che influirà sulla resilienza delle nostre comunità agricole in un momento in cui stiamo vivendo l’impatto della crisi climatica”.
La questione non riguarderebbe solo il Kenya: secondo un’inchiesta pubblicata da Down to Earth, la maggior parte dei paesi africani sta agendo per regolamentare i mercati delle sementi con misure adottate ufficialmente per contrastare la fame, ma dietro cui si celerebbe la pressione delle multinazionali che vogliono commercializzare le loro sementi a discapito della diversità alimentare del continente e delle pratiche indigene di conservazione dei semi.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Secondo uno studio, il passaggio da una dieta tradizionale africana a una tipica del mondo occidentale globalizzato, aumenta l’infiammazione e diminuisce la risposta ai patogeni. Il passaggio inverso comporta invece benefici.
Secondo quanto osservato da ricercatori statunitensi, la dieta mediterranea ha del potenziale per contrastare i disturbi della sindrome dell’intestino irritabile.
I ricercatori dell’Istituto Ramazzini di Bologna hanno osservato un aumento dell’incidenza di tumori in diversi sedi con la somministrazione di bassi dosi di glifosato.
Rigenerazione e salute. Sono le parole chiave che è tempo di sovrascrivere a quelle attuali di impoverimento e degrado, imposte dall’agricoltura intensiva. Una sostituzione che scuote equilibri e merita attenzione.
Secondo uno studio americano sulla salute metabolica, il consumo di ceci è in grado di abbassare il colesterolo, mentre quello di fagioli neri riduce l’infiammazione.
I risultati di un progetto pilota sull’agricoltura rigenerativa mostrano i vantaggi di questo approccio rispetto all’agricoltura convenzionale. Registrando una produttività complessiva più elevata.
Dopo cinque minuti di esposizione alla pubblicità di cibo spazzatura i bambini consumano più calorie: lo studio presentato al Congresso europeo sull’obesità.
A Ouagadougou si costruiscono orti e si piantano alberi per proteggere la città dalle ondate di calore e produrre cibo locale e accessibile.
Uno studio su sei cibi importati sottolinea la necessità di risposte da parte della Ue a un’emergenza reale e sempre più preoccupante per la sicurezza alimentare.