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L’introduzione dell’agricoltura ha inciso sulla nostra salute. Uno studio sul tartaro degli antichi lo dimostra
Analizzando il tartaro degli uomini preistorici, un gruppo di ricercatori ha ricostruito le abitudini alimentari (e non solo) dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore in Europa.
Dai denti dei nostri antenati ci arrivano tante informazioni, dalle abitudini alimentari alle tecniche per procurarsi il cibo. La rivista scientifica americana Pnas, recentemente ha pubblicato uno studio di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma condotto insieme all’Università di Vienna sul tartaro degli uomini preistorici dell’Europa meridionale. Obiettivo della ricerca, che ha esaminato i resti di 44 individui vissuti tra 15mila e 8500 anni fa tra l’Italia e la regione dei Balcani, era capire come sia cambiato il bioma orale umano nel passaggio dalle abitudini da cacciatori-raccoglitori all’introduzione dell’agricoltura.
Ne parliamo con la dottoressa Emanuela Cristiani, professore di Archeologia Preistorica presso il Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali della Sapienza, dove dirige il Laboratorio Dante (Diet and ancient technology laboratory) per lo studio della Dieta e Tecnologia Antica, un progetto che fa parte di Hidden Foods, finanziato dalla European Research Council (Erc) e finalizzato a comprendere il ruolo dei cibi vegetali nella dieta delle antiche popolazioni di cacciatori-raccoglitori del sud Europa.
Dal tartaro di 44 individui scopriamo com’è cambiata la flora orale dopo l’arrivo dei primi agricoltori
Come avete ricostruito le origini dell’agricoltura in Europa dal tartaro dentale degli uomini preistorici?
“Nello studio pubblicato sulla rivista scientifica PNAS abbiamo analizzato in che modo l’introduzione dell’agricoltura durante il Neolitico abbia influenzato lo stato di salute dei cacciatori-raccoglitori preistorici e se siano avvenuti cambiamenti importanti nel microbioma orale con il passaggio ad una dieta agricola. Abbiamo quindi analizzato il Dna antico conservato nel tartaro di 44 individui rinvenuti in siti archeologici in Italia e nei Balcani, riuscendo a ricostruire l’evoluzione della flora orale dei antichi cacciatori – raccoglitori del Paleolitico superiore, risalenti a oltre 15mila anni fa, e dei gruppi di agricoltori che arrivarono dal Vicino Oriente durante il Neolitico circa 8.500 anni fa.
Le analisi del tartaro antico sono state condotte utilizzando tecniche avanzate di estrazione del Dna antico e di sequenziamento genico chiamate Next-Generation Sequencing (Ngs). I nostri risultati indicano che la composizione della flora orale degli antichi cacciatori-raccoglitori si è modificata solo parzialmente con l’arrivo dei gruppi di agricoltori. Questo evento (ovvero l’arrivo di popolazioni agricole dal Vicino Oriente), è stato però registrato nel genoma umano e in quello di molte specie di animali portate dagli antichi agricoltori. Infine, l’analisi dei nostri risultati ci ha permesso di identificare una specie batterica che popola la nostra cavità orale, l’Anaerolineaceae bacterium oral taxon 439 la cui variabilità genetica e filogeografica ci ha consentito di ripercorrere il flusso migratorio dei primi agricoltori che si spostarono dal Vicino Oriente fino in Italia e nei Balcani”.
Nella bocca degli avi anche resti di piante usate non solo a scopo alimentare
Nella ricerca avete individuato tracce di Dna di betulla, nocciola e sambuco. Cosa significa?
Nel tartaro preistorico abbiamo trovato tracce molecolari del consumo di queste piante. Nocciole e sambuco avrebbero quindi costituito una delle componenti “veggy” della dieta degli antichi cacciatori-raccoglitori. Forse anche la betulla, di cui veniva in passato apprezzata la corteccia a scopo alimentare. Non dobbiamo, però, pensare al solo consumo alimentare di tali piante. Il tartaro antico, infatti, restituisce informazioni biografiche anche sulla salute, le condizioni di vita e, addirittura, sulle abitudini sociali e lavorative del passato. Durante la sua formazione, mediante un processo di mineralizzazione della placca dentale, possono essere “intrappolate”, insieme ai batteri e alle cellule umane naturalmente costituenti la placca, anche strutture vegetali, animali, composti chimici, biomolecolari e minerali che sono transitati almeno una volta nella bocca di un individuo. La matrice minerale del calcolo dentale può protegge questi microscopici residui, permettendone una conservazione millennaria.
Il rinvenimento di Dna di betulla nel tartaro preistorico, quindi, può anche indicare l’utilizzo di questa pianta in attività quotidiane e/o l’impiego della bocca in attività extra-masticatorie. Immaginiamo, ad esempio l’uso della resina, della corteccia o del legno di betulla per costruire strumenti, riparare oggetti, ecc. Tali attività potrebbero aver coinvolto la bocca come “terza mano” lasciando, quindi, una traccia molecolare delle piante impiegate nel tartaro degli antichi cacciatori e raccoglitori. Recentemente, altri studi genetici avevano dimostrato che la resina di betulla veniva masticata per essere poi usata come collante dai cacciatori-raccoglitori europei.
Con gli antibiotici il “popolo batterico” della nostra bocca è cambiato per sempre
I nostri denti forniscono ancora informazioni di questo tipo?
La nostra flora batterica è cambiata profondamente successivamente al Neolitico. In particolare, il confronto effettuato tra i tartari preistorici e alcuni dataset di tartaro di epoca storica provenienti da individui vissuti nel Diciottesimo e Diciannovesimo secolo fino ad oggi ha evidenziato un cambiamento nell’attività funzionale della flora batterica orale a partire dagli anni Quaranta del secolo scorso, probabilmente a seguito dell’uso massiccio di antibiotici.
Il tartaro rimane una fonte ineguagliabile di informazioni sulla dieta, la salute, le condizioni di vita e, addirittura, sulle abitudini sociali e lavorative del passato. Oggi, le comuni pratiche di igiene orale riducono drasticamente la formazione di placca e il conseguente sviluppo di tartaro, nei casi più estremi il dentista rimuove meccanicamente eventuali formazioni di tartaro. Quindi probabilmente gran parte della società moderna non lascerà testimonianza del proprio microbioma orale attraverso il tartaro”.
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