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Un nuovo reportage racconta l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi, tra emissioni di gas serra e sversamenti di liquami legali e illegali.
I leader di tutto il mondo si sono incontrati a Glasgow per discutere il futuro del nostro pianeta alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, conosciuta anche come Cop26. Ma nell’agenda della Cop26 manca qualcosa di molto importante: un messaggio forte e chiaro sugli allevamenti intensivi, non si può più parlare di ambiente senza considerare che è proprio l’allevamento degli animali uno dei principali responsabili delle emissioni globali di gas serra: l’allevamento rappresenta quasi il 60 per cento del totale delle emissioni di ammoniaca di origine agricola.
In Italia, questo problema, riguarda soprattutto la Pianura Padana, in particolare il territorio lombardo, tra le province di Milano, Mantova, Brescia e Cremona che è l’area con la più alta concentrazione di allevamenti intensivi, dove si conta la metà della produzione nazionale di suini e un quarto della produzione di bovini.
Per porre luce su questo aspetto ancora troppo poco considerato dell’allevamento intensivo abbiamo realizzato un reportage che spiega nel dettaglio quali sono le conseguenze dell’allevamento e come si collegano direttamente alla sofferenza che gli animali patiscono negli allevamenti.
Uno dei problemi principali legati all’allevamento è l’emissione di ammoniaca: negli allevamenti vengono stipati migliaia di animali che producono ovviamente feci e urine quelli che vengono chiamati reflui zootecnici. Questi sono ricchi di ammoniaca, questa nell’aria reagisce e forma particolato fine, quindi Pm10, meglio conosciute come polveri sottili, componenti che hanno un forte impatto sulla salute e sull’ambiente.
Secondo i dati Arpa, la fonte principale di ammoniaca da parte del settore agricolo è in effetti quella relativa all’allevamento degli animali, che rappresenta circa il 57,9 per cento del totale delle emissioni di ammoniaca originate da questo settore economico. Se pensiamo che un solo suino può produrre feci pari a 15 volte il suo peso, questo significa che oltre 10 milioni di suini confinati negli allevamenti italiani inquinano al pari di un’ipotetica popolazione aggiuntiva di 25,5 milioni di persone nel nostro paese.
Ma il problema non è solo l’emissione nell’aria di ammoniaca. I liquami infatti sono anche complici dell’acidificazione del suolo e dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee. In Italia lo spandimento di liquami è regolato da un’apposita normativa che stabilisce quali sono i periodi dell’anno in cui gli allevamenti possono appunto spandere i liquami accumulati e poi trattati nei campi, usandoli come fertilizzante.
Purtroppo però non sempre queste leggi vengono rispettate e noi di Animal Equality nelle nostre inchieste negli allevamenti abbiamo più volte dimostrato come il trattamento di questi pericolosi rifiuti sia spesso inadeguato: liquami non trattati e altamente inquinanti senza contenimento che finiscono direttamente nel terreno, sversamenti irregolari, mancato trattamento di animali morti e dei loro cadaveri. Tutte pratiche che fanno “ammalare” il terreno e la falda acquifera del nostro Paese.
L’Italia è il secondo paese Ue per morti premature dovute proprio allo smog, ma ancora ci ostiniamo ad ignorare una delle principali cause di questo inquinamento. Il prezzo per consentire all’industria di continuare ad agire indisturbata però non lo pagano solo gli animali rinchiusi ingiustamente, le vittime di questo sistema infatti siamo tutti noi che respiriamo l’aria sempre più inquinata del nostro paese.
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