
Le forze armate pesano globabilmente per il 5,5 per cento delle emissioni, e il riarmo Nato può provocare un disastro anche dal punto di vista ambientale.
Circa metà degli ecosistemi terrestri privi di ghiaccio è ancora intatta e, agendo subito, può essere conservata.
Nonostante la nostra specie, in termini di biomassa, costituisca solo lo 0,01 per cento della vita sulla Terra, ha avuto dalla sua recente origine un impatto catastrofico sull’ambiente e sulle altre specie. La sistematica distruzione degli habitat causata dall’espansione delle attività umane è la principale minaccia per la fauna e ha vaste ripercussioni su interi ecosistemi.
Circa la metà delle foreste primarie del pianeta è stata rasa al suolo e ogni anno vengono abbattuti 15 miliardi di alberi. Ciononostante, ci sarebbe ancora speranza. Circa metà delle terre emerse non ricoperte di ghiaccio sarebbe infatti ancora relativamente integra, e potrebbe ancora essere salvata, purché si agisca ora.
È quanto sostiene lo studio Global human influence maps reveal clear opportunities in conserving Earth’s remaining intact terrestrial ecosystems, pubblicato sulla rivista Global change biology e condotto da un gruppo internazionale di ricercatori guidato dalla National geographic society e dall’università della California. I ricercatori hanno analizzato quattro mappe realizzate di recente riguardo la conversione delle aree naturali per usi antropogenici.
Dalle mappe è emerso che oltre il 50 per cento delle terre è ampiamente sfruttato ed è caratterizzato da città, campi coltivati, allevamenti e siti di estrazione. Tre valutazioni spaziali su quattro concordano però sul fatto che il 46 per cento delle terre emerse non coperte da ghiacci permanenti o neve sia ancora privo di una significativa influenza umana. “L’aspetto incoraggiante di questo studio è che mostra che, se agiamo in modo rapido e deciso, possiamo ancora conservare circa la metà delle terre emerse in uno stato relativamente intatto”, ha dichiarato il principale autore dello studio, Jason Riggio.
Lo studio, in particolare, ha individuato determinate aree caratterizzate dall’assenza di attività umane o da un basso impatto (che però sono caratterizzate da una biodiversità nettamente inferiore rispetto quella delle zone attualmente più minacciate, come le foreste pluviali). Gran parte di queste zone è costituita da ambienti freddi o aridi. Le più estese sono le foreste e le vaste tundre dell’Asia settentrionale, le foreste boreali del Nord America e le grandi aree desertiche, come il deserto del Sahara in Africa e l’outback australiano. Queste aree sarebbero rimaste più integre in virtù delle loro peculiari caratteristiche climatiche e ambientali, che le rendono meno idonee ad attività come l’agricoltura.
Tali aree, riferisce lo studio, non escludono necessariamente la presenza di insediamenti e attività umane, a patto che le risorse vengano gestite in modo sostenibile. Le esigenze delle popolazioni locali, come la sovranità alimentare, e la tutela dei servizi ecosistemici e della biodiversità dovrebbero andare di pari passo, secondo i ricercatori. “Il raggiungimento di questo equilibrio sarà necessario se miriamo a raggiungere ambiziosi obiettivi di conservazione – ha affermato Riggio -. Il nostro studio dimostra che questi obiettivi sono ancora a portata di mano”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Le forze armate pesano globabilmente per il 5,5 per cento delle emissioni, e il riarmo Nato può provocare un disastro anche dal punto di vista ambientale.
La campagna per il riconoscimento del reato di ecocidio arriva in Sardegna, dove è stata proposta una legge regionale.
Passi avanti per il Trattato sull’alto mare, stallo sulle estrazioni minerarie, tentativi di riprendere i negoziati sulla plastica: il bilancio della Conferenza Onu sugli oceani (Unoc3) che si è tenuta a Nizza dal 9 al 13 giugno.
Cosa è successo e cosa possiamo imparare dal crollo del ghiacciaio del Birch.
Le bozze del ddl allo studio del governo prefigurano maglie molto più larghe per le attività venatorie: 44 associazioni chiedono spiegazioni ai ministri.
Il 2 giugno si celebra la Giornata mondiale delle torbiere. Un’occasione per parlare di questi ecosistemi poco conosciuti e silenziosi, ma fondamentali per il clima, l’acqua, la biodiversità e la memoria del nostro Pianeta.
La stagione estiva è ancora lontana, ma dal Regno Unito alla Russia, dai Paesi Bassi alla Turchia, in buona parte d’Europa impera già la siccità.
In occasione della Giornata mondiale delle api il Wwf pubblica un rapporto che lancia l’allarme sulla situazione degli insetti impollinatori nel mondo.
Per la prima volta dall’inizio delle rilevazioni nel 2019, lo scorso anno la deforestazione è stata stabile o in calo in tutti e sei i biomi del Brasile.