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Da Milano l’appello per una mobilità a basse emissioni di carbonio, per ridurre l’inquinamento atmosferico e creare nuove opportunità economiche. Un treno che il nostro Paese non può perdere.
Entro il 2030 emissioni di CO2 ridotte del 32 per cento, quelle di NOx del 65 e il particolato fine del 77 per cento. Un taglio che porterebbe enormi benefici alla salute dei cittadini, all’economia del Paese – con un aumento del Pil di quasi 2,4 miliardi di euro -, e alla mitigazione degli effetti dovuti ai cambiamenti climatici. Sono questi alcuni dei numeri che la transizione verso l’uso di veicoli a basse emissioni di carbonio porterebbe in Italia.
Dati presentati durante E_mob, la conferenza nazionale sulla mobilità elettrica e contenuti nel rapporto “Fuelling Italy’s Future: Come la transizione verso la mobilità a basso contenuto di carbonio rafforza l’economia” e coordinato dalla European climate foundation, da Transport & Environment e dalla Fondazione centro studi Enel, col supporto analitico di Cambridge economics e l’università Bocconi.
Una circolo virtuoso, un passaggio quasi obbligato, che non può più attendere. Il rapporto infatti sviscera in maniera oggettiva tutti i benefici che la transizione ad una mobilità elettrica e a basse emissioni porterebbe al nostro Paese. Prima di tutto economica: il graduale passaggio a veicoli a batteria porterebbe ad un taglio delle importazioni di petrolio, con un risparmio cumulato di circa 21 miliardi di euro entro il 2030 e di 377 miliardi di euro entro il 2050. “Oggi il settore petrolifero impiega solamente 3,5 persone, mentre i settori dell’elettricità e dell’idrogeno porterebbero ad un’intensità di lavoro quasi 5 volte superiore”, spiega Veronica Aneris, della federazione europea Transport & Environment. Secondo il rapporto la riduzione delle importazioni porterà alla creazione di 19.225 nuovi posti di lavoro nel 2030 e più di 50.000 nel 2050. “Oggi diamo lavoro a persone impiegate nel settore petrolifero lontane dal nostro Paese. Con la transizione elettrica lo scenario cambierebbe a favore dell’Italia e dell’Europa”, sottolinea Aneris.
Un modo questo per rilanciare l’industria italiana, storicamente innovatrice nel settore automobilistico, ma che oggi sta subendo il gap. “L’industria italiana rischia di essere il grande assente, nonostante moltissime aziende siano già pronte e in grado di lavorare nella mobilità elettrica”, dice Pietro Menga, presidente di della Cives (Commissione italiana veicoli elettrici stradali). “Non possiamo permetterci di perdere questo treno”.
Ma i benefici ci sarebbero anche per i consumatori. Il rapporto mostra infatti che con un veicolo privato di piccole dimensioni e a fronte di una maggiore investimento iniziale, nel 2020 si andrebbero a risparmiare 353 euro l’anno, mentre nel 2030 si arriverebbe a circa 917 euro. Risparmio che si avrebbe per lo più sui costi di carburante e di manutenzione.
Per raggiungere gli obiettivi di contenimento per quel che riguarda l’aumento delle temperature, il settore dei trasporti dovrà essere del tutto decarbonizzato entro il 2050. E il contributo delle rinnovabili nel mix energetico anche alimentare la mobilità elettrica sarà fondamentale. Il gruppo che ha redatto il rapporto spiega che, in uno scenario che segue l’ultima Sen (Strategia elettrica nazionale), le emissioni di CO2 potrebbero essere ridotte dell’84 per cento.
Una mobilità a basse emissioni di carbonio può contribuire a ridurre l’inquinamento atmosferico diminuendo sostanzialmente le emissioni di NOx e particolato delle automobili. Lo studio mostra che tali emissioni possono essere ridotte rispettivamente del 50 per cento e del 63 per cento rispetto ai livelli del 2017, avvicinandosi allo zero nel 2050. Uno scenario che porterebbe a salvare quasi 1.400 vite.
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