L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
La popolazione di Mosul, in Iraq, è costretta a scegliere se abbandonare le proprie case o restare nel cuore di una battaglia lunga e cruenta.
La battaglia di Mosul, parzialmente offuscata dalla riconquista di Aleppo, prosegue ormai da mesi. E gli abitanti della città sono costretti ad operare scelte drastiche. “La popolazione – riferisce una corrispondenza per il quotidiano svizzero Le Temps – deve scegliere se fuggire, con il rischio di perdere la propria casa, oppure restare, convivendo con i raid aerei occidentali, i razzi lanciati dagli jihadisti e gli assalti dell’esercito regolare iracheno”.
Abbandonare Mosul significa seguire i passi degli altri rifugiati e percorrere un lungo cammino fatto di fango, freddo, pioggia, accampamenti di fortuna. E il rischio di vedersi sequestrati beni, veicoli e denaro ai check-point. Ciò nonostante, alcune decine di migliaia di persone hanno scelto questa strada, lasciando alle spalle la propria vita e incamminandosi verso il Kurdistan. Ma la maggioranza della popolazione è rimasta nella città irachena, controllata da due anni e mezzo dai combattenti dell’Isis.
“Nel nostro quartiere – racconta Abou Safa, che vive a Mosul con la moglie e due figlie – sono ancora quasi tutti qui. Un razzo si è schiantato su un muro dietro la nostra casa. Non c’è più acqua potabile, e ormai ci è rimasto pochissimo carburante per il generatore. Abbiamo paura, ma pensiamo che partire sarebbe ancora più pericoloso. Qui, almeno, siamo a casa nostra: non voglio che le mie bambine vivano in un campo profughi”.
Intanto l’esercito regolare iracheno avanza. Secondo le testimonianze raccolte, gli abitanti di Mosul si dicono felici di essere liberati dallo Stato Islamico. Ma al contempo, temono l’arrivo delle truppe di Baghdad: la città, “capitale” dell’Iraq sunnita in guerra civile da un decennio, l’esercito (a maggioranza sciita) è stato a lungo sinonimo di uccisioni e detenzioni arbitrarie, corruzione e abusi di potere.
Un reportage del quotidiano francese Le Monde parla già di “vendette e regolamenti di conti tra sunniti e sciiti” nelle zone liberate dagli jihadisti. Il 22 dicembre, quattro membri dello staff umanitario presenti nei territori a est di Mosul sono stati uccisi, assieme a sette civili, da alcuni tiri di mortaio effettuati mentre era in corso una distribuzione di beni di prima necessità. Pochi giorni prima, altre 23 persone – otto poliziotti e quindici civili – sono morte in seguito all’esplosione di tre autobombe nei sobborghi della città.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
![]()
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Un rapporto indica che la capitale dell’Indonesia Giacarta accoglie ormai 42 milioni di persone: più di Dacca, seconda, e di Tokyo.
Dopo la prima bozza di piano profondamente sbilanciata a favore della Russia, ora c’è una nuova bozza di accordo che piace all’Ucraina.
La sentenza è arrivata sul caso di due cittadini polacchi sposati in Germania. La Polonia si era rifiutata di riconoscere il loro matrimonio.
Nella notte è uscita una nuova bozza che fa crollare le speranze. 30 paesi scrivono alla presidenza che è inaccettabile.
Il piano di pace per l’Ucraina ricorda molto quello per la Striscia di Gaza. Kiev dovrebbe cedere diversi suoi territori alla Russia e ridimensionare l’esercito.
La risoluzione dell’Onu su Gaza prevede l’invio di truppe internazionali e il disarmo di Hamas. Ma la strada è subito in salita.
Un rapporto della ong israeliana PHRI denuncia la strage di palestinesi nelle strutture detentive israeliane. I morti ufficiali sono 98 ma si contano centinaia di dispersi.
La procura di Istanbul ha formulato le accuse nei confronti dell’ex sindaco Ekrem Imamoglu. I capi d’accusa per l’oppositore di Erdoğan sono 142 per oltre 2.500 anni di carcere.

