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La ong per il sociale e per l’ambiente Mani Tese, con il contributo di Fondazione Cariplo, ha promosso il progetto Giustiziambientale.org, per dare voce a chi lotta per l’ambiente.
In tutto il mondo, ogni giorno, vengono compiuti crimini contro l’ambiente e contro le persone che ne fanno parte. La costruzione di una diga che può compromettere l’esistenza di una comunità, l’abbattimento di un’antica foresta per ottenere legname o fare spazio a pascoli per il bestiame, o semplicemente una manifestazione sportiva che degrada un piccolo ma importante ecosistema. Nel migliore dei casi chi si ribella e si oppone allo scempio del proprio territorio non viene ascoltato e viene tacciato di sindrome Nimby (Not in my back yard, letteralmente non nel mio cortile), nel peggiore dei casi invece viene ucciso. In molte aree del mondo gli attivisti ambientali vengono uccisi ad un ritmo terrificante e nella maggior parte dei casi il reato resta impunito. Uno dei casi più noti è quello di Berta Cáceres, militante ecologista, leader della mobilitazione di una comunità indigena che ha bloccato la costruzione di una diga in Honduras, uccisa lo scorso anno.
Per far sì che la voce degli attivisti ambientali non resti inascoltata è nato un nuovo portale chiamato giustiziambientale.org. L’iniziativa, promossa dalla ong Mani Tese e realizzata con il contributo di Fondazione Cariplo, ha l’obiettivo di “ampliare la base di conoscenza sul tema da parte di attivisti, ricercatori e operatori della cooperazione allo sviluppo e di amplificare la voce di chi voce non ha – si legge sul sito. – Ovvero di tutti quei gruppi, quelle comunità e quei comitati che oggi lottano per difendere la bellezza, la salubrità e la cultura dei luoghi in cui vivono, resistendo ai soprusi di un sistema economico che da solo sembra incapace di incardinarsi in un sentiero di sostenibilità e di rispetto dei diritti umani fondamentali”.
Il sito offre la possibilità agli utenti di pubblicare articoli e fotografie, giocando così un ruolo attivo nell’informazione, e rappresenta un perfetto esempio di giornalismo partecipativo.
Il concetto di giustizia ambientale si è affermato negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso grazie a una mobilitazione contro una discarica di rifiuti tossici in North Carolina. Ha poi assunto maggior forza nel 2002 quando, in occasione del secondo Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, alla connotazione di difesa dall’ingiustizia sociale si aggiunse la connotazione di difesa delle comunità locali dal depauperamento di risorse naturali causato da imprese statali e private.
Troppo a lungo il ruolo centrale che l’ambiente ricopre nelle nostre vite è stato sottovalutato e a risentirne maggiormente sono state le comunità più povere o vulnerabili. Oggi la stretta connessione tra giustizia ambientale e giustizia sociale è ormai evidente e la voce delle persone che si oppongono, anche a costo della propria vita, ai crimini contro l’ambiente non deve più rimanere inascoltata.
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