
Già 13 Regioni hanno emesso ordinanze anti-caldo basate sulla piattaforma Worklimate: “siesta” dalle 12.30 alle 16. E i musei diventano rifugi climatici.
Quali sono le conseguenze dell’uso di geotag su Instagram in luoghi finora lontani dal turismo di massa? Si rischia di compromettere l’integrità dei parchi nazionali.
La reputazione di chi fa un uso eccessivo dei social network non è molto positiva, ma potrebbe peggiorare dopo che alcuni comitati di parchi nazionali statunitensi hanno chiesto a influencer e utenti online di non geotaggare i propri luoghi su Instagram. Per geotag si intende l’aggiunta del nome del posto in cui ci si trova, con tanto di coordinate geografiche, al proprio post sui social. L’eccesso di questa pratica ha fatto sì che luoghi naturali un tempo poco conosciuti diventassero di facile accesso a tutti, causando l’arrivo del turismo di massa con tutti i problemi che ciò comporta a boschi e foreste.
I primi a lamentarsi delle troppe presenze sono stati gli addetti del parco Jackson Hole nello stato del Wyoming, Stati Uniti. “Uno dei nostri laghi ormai è diventato solo un poster da mettere sulla propria pagina social – si è lamentato sul quotidiano New York Times, Brian Modena del comitato locale – gli influencer hanno cominciato a postare foto dall’alto che sono diventate virali. Fino a poco tempo fa avevamo circa due turisti al giorno in cima, oggi sono 145. Noi vorremmo che la gente avesse una connessione reale con la natura, non solo un post da condividere su Instagram”. Alle lamentele del parco Jackson Hole, che ha lanciato una campagna di marketing contro l’utilizzo del geotag, si sono uniti altri comitati turistici di Oregon, Utah e Montana. La protesta si è spinta anche oltre gli Stati Uniti con messaggi di sensibilizzazione simili lanciati nel Regno Unito, Hong Kong e Sudafrica. In quest’ultimo stato il problema è ancora più grande, dato che a essere facilitati dal tag con la location non sono solo i turisti, ma i bracconieri di avorio.
Our tragic new normal. #savetherhino #rhino pic.twitter.com/0IUAuECfOp
— Tiisetso Tsiki (@TiiTsiki) 14 novembre 2017
La discussione si è spostata anche sugli stessi social media. Alcuni fotografi di viaggio e travel blogger hanno lanciato l’hashtag #nogeotag per ricordare ai turisti di non aggiungere le coordinate agli status. Gli addetti ai lavori ci tengono a precisare che non vogliono eliminare del tutto le fotografie e chi le fa, dato che il turismo è una risorsa importante in questi luoghi. Vorrebbero solo che chi arriva fosse più responsabile e non si mettesse in viaggio solo per scattare una foto velocemente per poi risalire subito in auto e postare sullo smartphone. Un pensiero condiviso anche da Maschelle Zia che lavora nel Glen Canyon in Arizona e ha detto al quotidiano britannico Guardian: “I social media sono il motivo principale per cui la gente viene qui. Non vogliono il silenzio dei grandi spazi, cercano solo una foto simbolo. La nostra specie sta avendo il maggiore impatto sul parco e la qualità dell’esperienza sta diminuendo”.
Asfalto dove prima c’era un sentiero, file di auto vicino a camminatori e aumento della spazzatura sono solo alcuni dei problemi portati dall’uomo in montagna e nei luoghi naturali. La condivisione su Instagram non fa che aumentare tutto ciò ed è tempo che i turisti imparino a rispettare di nuovo l’ambiente, dal vivo e online.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Già 13 Regioni hanno emesso ordinanze anti-caldo basate sulla piattaforma Worklimate: “siesta” dalle 12.30 alle 16. E i musei diventano rifugi climatici.
A Vicenza il maxiprocesso per contaminazione da Pfas si è concluso con 140 anni di reclusione per 11 dirigenti dell’azienda Miteni, per disastro ambientale, avvelenamento delle acque e reati fallimentari. Una sentenza storica, dopo 4 anni di procedimento.
Il caldo non è uguale per tutti: servono soluzioni accessibili come i rifugi climatici. A Bologna ne sono stati attivati quindici in biblioteche, musei e spazi pubblici.
Riduzione delle emissioni in agricoltura, mobilità sostenibile, efficientamento degli edifici e sensibilizzazione i i pilastri. Ma ora servono i fatti.
Un nuovo murales al Gazometro sarà l’ulteriore tassello di un processo di rigenerazione che sta interessando uno dei quadranti più dinamici della Capitale.
Accordo in Senato: a decidere non sarebbe il paziente, ma un “Comitato etico”. Ma spunta una controproposta popolare che punta all’eutanasia legale.
Le forze armate pesano globabilmente per il 5,5 per cento delle emissioni, e il riarmo Nato può provocare un disastro anche dal punto di vista ambientale.
La campagna per il riconoscimento del reato di ecocidio arriva in Sardegna, dove è stata proposta una legge regionale.
Passi avanti per il Trattato sull’alto mare, stallo sulle estrazioni minerarie, tentativi di riprendere i negoziati sulla plastica: il bilancio della Conferenza Onu sugli oceani (Unoc3) che si è tenuta a Nizza dal 9 al 13 giugno.