Cavolo rosso e radicchio per gli astronauti diretti su Marte

C’è anche molta ricerca italiana nella missione internazionale Amadee-18. A partire da febbraio, tra le dune del deserto in Oman, cinque astronauti simuleranno per quattro settimane le condizioni del Pianeta rosso, per studiarne effetti e problematiche e preparare così le future missioni esplorative. L’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile),

C’è anche molta ricerca italiana nella missione internazionale Amadee-18. A partire da febbraio, tra le dune del deserto in Oman, cinque astronauti simuleranno per quattro settimane le condizioni del Pianeta rosso, per studiarne effetti e problematiche e preparare così le future missioni esplorative.

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Verranno coltivate quattro specie di microverdure, tra cui il cavolo rosso e il radicchio, selezionate perché in grado di crescere velocemente.

L’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), l’Università degli studi di Milano e l’Asi (Agenzia spaziale italiana) forniranno HortExtreme, un orto portatile e gonfiabile dove coltivare microverdure in grado di fornire alcuni dei nutrienti necessari agli astronauti in missione su Marte.

Un orto italiano su Marte per i futuri astronauti

Dall’Enea spiegano che si tratta di un sistema di coltivazione idroponica a contenimento di quattro metri quadrati di superficie dove verranno coltivate quattro specie di microverdure, tra cui il cavolo rosso e il radicchio, selezionate perché in grado di crescere velocemente (completano il loro ciclo vitale in circa 15 giorni) e garantire un importante apporto nutrizionale ai membri dell’equipaggio. La futura colonia, per quanto piccola, dovrà ovviamente essere in grado di produrre parte del cibo durante la permanenza sul suolo marziano.

“Il sistema di coltivazione idroponica che abbiamo messo a punto è del tipo ‘per allagamento’, in cui è presente un grande vassoio con un substrato inerte posto in modo che le piante possano ricevere luce e nutrimento a intervalli regolari modulati da sensori ad hoc che lavorano in tempo reale”, ha spiegato Eugenio Benvenuto, responsabile del laboratorio di biotecnologie dell’Enea, in una nota. “Grazie all’ausilio di strumentazione all’avanguardia e di microcamere puntate sulle piante per tutto il periodo di missione, sia gli astronauti che i tecnici e i ricercatori dal nostro laboratorio in Casaccia, potranno monitorare quotidianamente consumi energetici e parametri di fisiologia vegetale dell’orto marziano, con l’obiettivo di dimostrare la produttività dell’ecosistema nelle condizioni estreme previste nella missione di simulazione”.

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Le ricercatrici dell’Enea al lavoro su HortExtreme.

D’altronde già gli astronauti impegnati nelle missioni all’interno della Stazione spaziale internazionale hanno condotto esperimenti per la coltivazione in situ di alcune verdure. Lo stesso Paolo Nespoli ha lavorato alla serra della Nasa, l’agenzia spaziale americana, all’interno della quale vengono coltivate alcune piante di lattuga che poi gli astronauti possono mangiare.

Che cos’è Amedee-18

Promossa dall’Austrian space forum e coordinata con la collaborazione dell’Oman National Steering Comittee, la missione Amadee-18 è pensata per approfondire la ricerca e studiare gli equipaggiamenti che dovranno essere impiegati nelle future missioni su Marte. Per questo è stato scelto il deserto del Dhofar, in Oman: si tratta di un’area terrestre simile per caratteristiche a quelle di pianeta rosso, come “le strutture sedimentarie risalenti al Paleocene e all’Eocene, le cupole saline del South Oman Salt Basin e le antiche aiuole fluviali, le superfici sabbiose e rocciose con grande variabilità nell’inclinazione”, scrive l’Enea.

L’esperimento inizierà il primo febbraio 2018 e durerà quattro settimane durante le quali i cinque astronauti vivranno in condizioni molto simili a quelle registrate sul suolo marziano. I test effettuati serviranno per valutare le attrezzature impiegate, che spazieranno da strumenti per la ricerca di forme di vita, all’impiego di rover sul suolo marzionao, fino alle prove di comunicazione con il supporto da remoto della squadra. Si studierà inoltre il possibile sito dove far “atterrare” l’equipaggio.

“Nell’ambito della missione si condurranno 19 esperimenti proposti da istituzioni provenienti dal tutto il mondo sui temi delle geoscienze, robotica, ingegneria, con progetti su hardware, software e realtà virtuale, operazioni di superficie planetaria, fattori umani, con esperimenti su scienze sociali e umanistiche, e scienze della vita, tra cui astrobiologia”, spiegano dall’Enea.

L’Italia parteciperà non solo con l’orto marziano, ma anche con altri tre progetti nei settori della realtà virtuale e delle geoscienze a cura della stessa Agenzia spaziale italiana, dell’Università di Perugia e dell’organizzazione Mars Planet.

“Si tratta di temi cruciali per le missioni finalizzate all’esplorazione umana e con un enorme potenziale di trasferimento a terra delle conoscenze per la risoluzione di problematiche quali la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica”, ha sottolineato Gabriele Mascetti, responsabile dell’Unità volo umano e microgravità dell’Agenzia spaziale italiana. Una volta che l’esperimento sarà completato, l’uomo sarà un po’ più vicino alla “conquista” del pianeta rosso.

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