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Sulle Dolomiti sono apparsi degli adesivi che invitano a riflettere sugli impatti dell’overtourism. Dopo Spagna e Grecia, il dibattito arriva anche in Italia.
Mai come quest’anno, l’estate è stata il teatro di proteste contro il turismo di massa. È l’overtourism, un fenomeno che ha visto muovere i suoi passi più recenti a Barcellona, dove almeno 3mila persone hanno inscenato proteste accese contro i visitatori. Prima della città catalana, altre grandi manifestazioni contro il “sovraturismo” si sono viste a Malaga, alle Isole Canarie e a Santorini. Ma l’overtourism è un fenomeno globale (ultimamente ci sono state proteste in Giappone e Nuova Zelanda) e interessa le grandi città così come i piccoli paesi costieri e montani. Tra quest’ultimi, il pensiero in Italia va sicuramente alle Dolomiti, emblema dell’affollamento di montagna, soprattutto d’estate. E, infatti, la protesta ora è arrivata anche qui.
Di recente, i turisti che hanno visitato la regione potrebbero aver notato una protesta insolita, più discreta rispetto alle manifestazioni spagnole: adesivi misteriosi con la scritta “Assistenza clienti dell’Alto Adige. Südtiroler Kundendienst” sono comparsi a Bolzano, sui cartelli dei sentieri o sulle panchine con vista sullo Sciliar. Il 29 agosto, il gruppo di protesta ha rotto il silenzio, spiegando il significato di quei messaggi. “Il turista è il re, a discapito della popolazione locale. Tutto è subordinato al turismo: il paesaggio, le infrastrutture, i servizi”, si legge nella nota dei manifestanti riportata dalla testata locale Salto.
Il messaggio, sebbene criptico, punta il dito contro il marketing territoriale sempre più aggressivo promosso dalle associazioni turistiche. Il gruppo vuole evidenziare come il crescente afflusso di visitatori stia peggiorando la qualità della vita degli altoatesini. “Strade intasate, città sovraffollate, montagne prese d’assalto per un selfie. La vita sta diventando più cara: affitti e prezzi degli immobili stanno raggiungendo livelli insostenibili. Siamo un gruppo di 50 persone dell’Alto Adige che sta osservando una consapevolezza crescente: il turismo, nei suoi benefici e costi, è diventato squilibrato.” Questo sfogo, tradotto in quattro lingue, è stato affidato a semplici adesivi biodegradabili.
Più esplicita, ma da molti considerata solo una provocazione, è stata la proposta del presidente del Cai, Antonio Montani: “Togliamo il marchio del Patrimonio Unesco dalle Dolomiti”. Sulle pagine de L’Adige, Montani ha spiegato che il riconoscimento Unesco ha effettivamente aumentato il turismo, ma ha sottolineato come lo scopo del Patrimonio non sia solo promuoverlo.
La pressione turistica, infatti, sta congestionando i punti più accessibili, con il rischio di danneggiare un ambiente che dovrebbe essere protetto. Tuttavia, non tutti concordano: Stefano Zannier, presidente di Dolomiti Unesco, ha risposto su lavocedibolzano.it sostenendo che i turisti attratti dal marchio Unesco sono spesso più consapevoli e informati. Per lui, l’inclusione nella lista è uno strumento di tutela.
Eppure, i critici fanno notare che il comitato Unesco ha un potere limitato: può solo minacciare la revoca del riconoscimento, misura adottata solo in tre casi su oltre 1200 siti nel mondo. Tra questi, il santuario dell’orice in Oman, quando il paese ha ridotto drasticamente l’area protetta, e la città marittima di Liverpool, cancellata dalla lista nel 2021 a seguito di costruzioni che hanno compromesso il suo paesaggio unico. C’è poi il caso della valle dell’Elba di Dresda, rimossa dalla lista dei patrimoni a causa della costruzione di un ponte a quattro corsie nel cuore di un paesaggio che doveva rimanere unico ed eccezionale. Ci si chiede quindi come l’Unesco agirà per evitare i danni paesaggistici (già in corso) in vista delle olimpiadi Milano-Cortina 2026.
Gli adesivi “Assistenza clienti” non sono gli unici a popolare la montagna altoatesina. Pietro Lacasella, giornalista e curatore del portale L’Altramontagna, invita ad allargare lo sguardo verso altri tipi di adesivi. Quelli che “invadono” la segnaletica stradale o le croci di vetta: si passa dai club alpini a quelli automobilistici e motociclistici; dal sodalizio di escursionisti alla squadra ciclistica amatoriale; dagli amanti della “van life” ai camperisti. Per Lacasella questi stanno a indicare “mondi diversi, spesso in forte contrasto”, che “si trovano schiacciati negli spazi esigui offerti dalla verticalità montane”. Così abbiamo “l’escursionista che si trova a fare i conti con le marmitte delle moto”, il “ciclista” che deve “zigzagare tra le macchine in fila per prendere quota”; “l’alpinista, probabilmente salito in macchina, che guarda con orrore la costruzione dell’ennesima vetta violata da un impianto di risalita”; e poi ancora chi vive in montagna senza dipendere dal turismo. E naturalmente, chi invece “mangia grazie al turismo e si prepara a vivere un mese frenetico, nella speranza di appagare l’idea stereotipata di tradizione alpina che ha attecchito in pianura”.
Per Lacasella bisogna iniziare a parlare anche di coesistenza tra le diverse realtà umane che in estate si incontrano (e scontrano) nei solchi vallivi. “Ognuna di queste realtà porta in quota interessi che si rispecchiano in un ampio ventaglio di interpretazioni del mondo”, conclude il giornalista. Può la montagna rappresentarli tutti? Una cosa è sicuro: “Le montagne non sono di tutti, ma soltanto di chi le rispetta”. Un principio a cui dovremmo aggrapparci per diventare dei residenti e turisti più consapevoli.
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