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La strategia nazionale per limitare l’impatto dei cambiamenti climatici è incentrata sulla tutela degli ecosistemi costieri.
In pochi luoghi al mondo gli effetti dei cambiamenti climatici sono così drammatici e visibili come in Bangladesh. Il Paese sud-asiatico, situato all’estremità del delta formato dai fiumi Gange, Brahmaputra e Meghna, è la nazione più esposta ai cicloni tropicali al mondo e due terzi del territorio nazionale si trovano a meno di cinque metri sopra il livello del mare, in balia delle alluvioni. Secondo il Climate change vulnerability index, indice stilato nel 2015 che valuta la vulnerabilità dei paesi agli effetti del riscaldamento globale, l’economia del Bangladesh è quella maggiormente a rischio. Entro poco più di trenta anni in Bangladesh oltre quaranta milioni di persone potrebbero perdere i loro mezzi di sussistenza e trenta milioni la propria abitazione.
Le prospettive sono allarmanti ma le tecniche di resilienza all’avanguardia adottate dal Bangladesh sono riconosciute a livello internazionale. Per contrastare gli effetti dei mutamenti del clima il governo bengalese ha investito oltre dieci miliardi di dollari, impiegati, tra le altre cose, per rafforzare gli argini fluviali, per aumentare la capacità delle agenzie governative di rispondere alle emergenze, per costruire rifugi di emergenza per ripararsi dai cicloni e case resilienti e per adattare i sistemi agricoli nelle aree rurali.
Per impedire che il Bangladesh venga lentamente ingoiato dall’oceano Indiano – l’erosione costiera causa ogni anno la perdita di circa 10mila ettari di terreno -, è indispensabile proteggere le foreste e gli ambienti naturali, ultimi baluardi contro la perdita di suolo. Per questo la strategia nazionale per limitare l’impatto dei cambiamenti climatici è incentrata sulla tutela degli ecosistemi costieri. Proprio per aumentare la resilienza climatica del Bangladesh, negli anni Ottanta la Banca mondiale ha finanziato un progetto di riforestazione di mangrovie nelle Sundarbans, la più grande foresta di mangrovie del mondo. Il rimboschimento ha ridotto la vulnerabilità del territorio a tempeste e cicloni, contribuito ad assorbire grandi quantità di CO2, migliorato i mezzi di sussistenza per le popolazioni locali e fornito un habitat prezioso alla fauna selvatica.
Il parco nazionale Sundarbans, oltre 20mila chilometri quadrati di terra e di acqua nel delta del Gange, diviso tra Bangladesh e India, ospita la più grande foresta di mangrovie del mondo. Questa foresta relitta, unica testimone rimasta delle maestose giungle che un tempo ricoprivano la pianura del Gange, costituisce l’ultima roccaforte per specie animali ad alto rischio estinzione, come la tigre del Bengala (Panthera tigris tigris), in nessun altro luogo al mondo ne vivono così tante, e i rari delfini di fiume orcella asiatica (Orcaella brevirostris) e platanista (Platanista gangetica).
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Le mangrovie, dopo le barriere coralline, costituiscono la protezione naturale più efficace contro le tempeste tropicali, hanno inoltre una straordinaria capacità di immagazzinare anidride carbonica, fino a cinquanta volte superiore a quella delle foreste tropicali. Queste foreste forniscono infine sostentamento a un gran numero di comunità costiere. È dunque evidente l’importanza vitale di tali ambienti: per proteggerli è stata lanciata l’iniziativa Mangroves for the future, volta a promuovere il ruolo che gli ecosistemi costieri sani e ben gestiti svolgono nel costruire la resilienza delle comunità costiere in Bangladesh, Cambogia, India, Indonesia, Maldive, Myanmar, Pakistan, Seychelles, Sri Lanka, Tailandia e Vietnam. Il progetto, nato in seguito al violentissimo maremoto dell’oceano Indiano del 2004, è sostenuto dalla Iucn e dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo e ha lo scopo di conservare, ripristinare e gestire in modo sostenibile gli ecosistemi costieri, tra cui barriere coralline, estuari, spiagge e zone umide, ritenuti infrastrutture naturali chiave per il benessere e la sicurezza umana.
La Banca mondiale ha riconosciuto la gravità della minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici e ha deciso di destinare il 28 per cento dei suoi investimenti a progetti riguardanti lo sviluppo sostenibile attraverso un Piano d’azione sul cambiamento climatico. In Bangladesh ha sostenuto diversi progetti che hanno contribuito ad aumentare la resilienza del Paese, ad esempio ha finanziato la costruzione di impianti di desalinizzazione e sistemi di irrigazione a energia solare a beneficio di ottomila agricoltori, ha organizzato corsi di formazione sui mezzi di sussistenza alternativi presso duecento comunità, ha costruito 224 nuovi rifugi per proteggersi dai cicloni e ha distribuito migliaia di stufe energeticamente efficienti per contrastare il disboscamento.
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