
Si tratta della la prima opera d’arte originale di protesta contro le fonti fossili su una piattaforma di estrazione del gas attiva.
La ong Imazon riferisce che la deforestazione della più grande foresta pluviale del mondo è in costante aumento. Il presidente Bolsonaro, inoltre, eliminerà il ministero dell’Ambiente.
Dopo anni di violenze e abusi sembrava che, finalmente, il tasso di deforestazione nella foresta amazzonica fosse in lieve calo per la prima volta in tre anni. Ma l’ultimo grande polmone verde del pianeta non ha fatto neppure in tempo a tirare un sospiro di sollievo, l’abbattimento di alberi è infatti ripreso a ritmi dissennati e la deforestazione è tornata a crescere. È quanto emerso sia dal rapporto pubblicato dalla ong brasiliana Imazon, che ogni mese monitora la deforestazione in Amazzonia, che dai dati diffusi dal governo brasiliano.
I dati, ottenuti grazie alle immagini satellitari, hanno rilevato che nel settembre del 2018 sono stati rasi al suolo legalmente 444 chilometri quadrati di foresta, con un aumento dell’84 per cento rispetto al settembre dell’anno precedente. Ad agosto sono stati addirittura 545 i chilometri quadrati disboscati, quasi il triplo rispetto al 2017. Complessivamente nel 2018 abbiamo perso 4.859 chilometri quadrati della più grande foresta pluviale esistente, registrando il più alto tasso di deforestazione da dieci anni a questa parte.
Anche il sistema di monitoraggio della foresta amazzonica del governo brasiliano, gestito dall’Istituto nazionale di ricerche spaziali (Inpe), evidenzia un incremento della deforestazione, anche se meno netto di quello denunciato da Imazon. I dati ufficiali sul disboscamento relativi all’anno 2017/2018 (l’”anno di deforestazione” termina il 31 agosto), basati sull’analisi di rilevazioni satellitari più definite rispetto a quelle usate per il monitoraggio mensile, saranno pubblicati dal governo a fine novembre o inizio dicembre.
Leggi anche: Brasile, la riforestazione a rischio dopo l’elezione di Jair Bolsonaro
L’incremento della deforestazione sembra essere una conseguenza delle attuali tendenze politiche ed economiche in Brasile. Negli ultimi tempi, in seguito alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, sono aumentate le esportazioni di soia e carne bovina dal Brasile, la cui produzione è la causa primaria della distruzione dell’Amazzonia.
La recente elezione del nuovo presidente del Brasile, l’ex-militare di estrema destra Jair Bolsonaro, rappresenta un’ulteriore minaccia per la foresta amazzonica, per le popolazioni indigene e per la straordinaria biodiversità che la popola. Il neo presidente ha infatti annunciato, come promesso in campagna elettorale, l’accorpamento del ministero dell’Ambiente a quello dell’Agricoltura, previsto per il prossimo gennaio. Così facendo sembra evidente che la tutela dell’ambiente passerà in secondo piano rispetto alla produzione agricola e agli interessi del settore agroindustriale, con gravi conseguenze per l’intero pianeta, considerato il prezioso ruolo della foresta amazzonica nell’assorbimento di grandi quantità di CO2.
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