Un’analisi allarmante del Pesticide action network Europe ha rivelato la presenza di Tfa, derivato dei Pfas, in moltissimi alimenti.
I risultati dell’autopsia indicano la plastica come causa della morte del capodoglio spiaggiato sulle coste spagnole nel mese di febbraio.
Quasi 30 chili di plastica sono i responsabili della morte del capodoglio che si è spiaggiato il 27 febbraio sulle coste spagnole nella regione della Murcia. A rilevarlo sono i risultati dell’autopsia condotta dal Centro di recupero della fauna selvatica di El Valle (Centro de recuperación de fauna silvestre El Valle). Non è il primo caso e purtroppo non sarà l’ultimo, ma 30 chili fanno effetto.
L’autopsia ha rivelato che l’esemplare era un giovane maschio, lungo quasi dieci metri e del peso di 6,5 tonnellate. L’esame interno ha rilevato nel suo tratto digestivo (stomaco e intestino) 29 chili di rifiuti marini come sacchi della spazzatura, sacchi di rafia, corde, pezzi di reti e persino un tamburo.
Gli esperti del Centro che ha effettuato l’analisi ritengono che il materiale plastico contenuto nello stomaco possa essere la causa della morte dell’animale perché con mota probabilità ha generato una peritonite o comunque un’infezione nel sistema digerente. L’animale infatti non è riuscito ad espellere la plastica.
Il capodoglio (Physeter macrocephalus), cetaceo della famiglia degli Odontoceti è la specie più grande tra tutti i cetacei provvisti di denti e la sua dieta naturale è composta da calamari e pesci, per un totale di circa 910 chili al giorno.
Tra le dodici specie di cetacei presenti nel Mediterraneo, il capodoglio assieme al delfino comune, sono specie minacciate secondo la Lista Rossa della Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura).
Non ci sono santuari dei cetacei, come quello presente nel mar Ligure, che possano difendere gli animali marini dalla plastica che ormai è presente ovunque. L’80 per cento dei rifiuti presenti in mare è di origine antropica e proviene dalla terra ferma, mentre il restante 20 per cento arriva dalle navi.
Le isole di plastica non sono solo presenti nell’oceano Atlantico o Pacifico, ma anche nel Mediterraneo. “La presenza di plastica nei mari e negli oceani è una delle maggiori minacce alla conservazione della fauna selvatica in tutto il mondo, dal momento che molti animali sono intrappolati nella spazzatura o ingeriscono grandi quantità di plastica che finiscono per causarne la morte”, ha commentato Consuelo Rosauro, direttore generale dell’ambiente naturale nel Governo della Murcia.
La regione della Murcia, le cui spiagge sono particolarmente affette dall’inquinamento da plastica, ha avviato una campagna per sensibilizzare i cittadini che comprende iniziative per pulire le spiagge, utilizzando il protocollo di azione di “Ocean Conservancy“, che consente di ottenere dati sul tipo e sulla quantità di rifiuti marini. Sono in programma anche 19 conferenze e presentazioni audiovisive nei centri educativi e sociali della Regione, perché partire dai giovani è fondamentale.
Tartarughe e cetacei mangiano sacchetti di plastica pensando siano meduse, gli squali scambiano pezzi di plastica per pesci. Anche gli uccelli si cibano di plastica. A parte la similarità di forma o sembianze, sembrerebbe, secondo uno studio, che gli animali ingeriscono plastica perché ha lo stesso odore del cibo. Il krill si nutre di alghe. Quando queste muoiono e si decompongono, emettono un odore di zolfo generato dal solfuro dimetile (Dms). Gli animali hanno imparato che quest’odore indica la presenza di krill.
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