Cooperazione internazionale

Migrazioni, nel 2018 è diminuito il numero di morti nel Mediterraneo

Nel 2018 il numero di migranti che hanno perso la vita in mare è calato del 28 per cento rispetto all’anno precedente. Ecco quai sono i paesi che hanno accolto più persone secondo il rapporto dell’Unhcr.

“Ne accoglieremo 15 senza dividere le famiglie, se Malta li sbarcherà”. Con queste parole il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha segnato una svolta nella vicenda della Sea Watch, la nave rimasta bloccata per quasi venti giorni con 32 migranti a bordo.

La dichiarazione del premier arriva a pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) sulle migrazioni nell’area mediterranea. Nel 2018 si sono spostate 123.109 persone, provenienti soprattutto da Guinea (11,08 per cento), Marocco (11,05 per cento), Mali (9,4 per cento) e Siria (8,9 per cento). Di queste, 116.295 hanno raggiunto via mare le coste d’Italia, Spagna, Grecia e dell’isola di Cipro. Più del 20 per cento erano bambini.

Non tutti ce l’hanno fatta: 2.262 migranti hanno perso la vita o risultano ancora dispersi. La cifra è inferiore all’anno precedente, ma è calato al tempo stesso il numero di sbarchi (56mila in meno).

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Josephine, la migrante salvata il 17 luglio 2018 nel Mediterraneo dalla ong spagnola Proactiva Open Arms © Pau Barrena/Afp/Getty Images

Quanti migranti sono arrivati in Italia

Il governo italiano ha firmato nel febbraio del 2017 un accordo con alcuni paesi africani, tra cui la Libia, affinché incrementassero la sorveglianza da parte delle guardie costiere in cambio di incentivi economici. Di conseguenza nel 2018 è diminuita la quantità di migranti che hanno attraversato il Mediterraneo centrale, i quali hanno però corso rischi più alti rispetto al passato. Per questo la rotta occidentale è stata privilegiata. La maggior parte degli sbarchi è avvenuta in Spagna (65mila persone) e Grecia (32mila); le accoglienze in Italia, anche a causa del sequestro della nave Aquarius di Medici senza frontiere, sono scese a 23mila contro le 119mila dell’anno precedente.

Il legame fra cambiamenti climatici e migrazioni

La Camera dei deputati ha deciso di rinviare l’adesione del nostro paese al Global compact for migration, il patto delle Nazioni Unite che mira a stabilire delle regole comuni per affrontare il fenomeno delle migrazioni, che dipende sempre più dai cambiamenti climatici: per colpa di siccità, incendi ed eventi meteorologici estremi, che incidono negativamente sulla produzione agricola e minacciano la sopravvivenza di chi vive nelle zone costiere, “nel giro di venti o trent’anni potrebbero arrivare a spostarsi 50 milioni d’individui”, spiega Paolo Magri, presidente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). “I luoghi di produzione di cibo si ridurranno del 50 per cento, causando conflitti per l’accaparramento delle risorse”. Sia la gestione dei flussi migratori sia la mitigazione del riscaldamento globale necessitano di un approccio bilaterale, con leggi nazionali che rispondano ad impegni su scala mondiale.

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