Nei Paesi Bassi è nata la competizione “Tegelwippen”, che ha l’obiettivo di rimuovere pavimentazioni artificiali per sostituirle con terra e piante.
Ponte sullo stretto di Messina: ieri, oggi, domani
I lavori del ponte sullo stretto di Messina dovrebbero iniziare a dicembre 2024 e concludersi nel 2032. Ma i cittadini si ribellano.
- La storia del ponte sullo stretto di Messina
- Il ponte oggi: cosa prevedono il progetto esecutivo e gli espropri della società Stretto di Messina
- Le ragioni di chi si oppone al ponte sullo stretto di Messina
Nel 1966, Adriano Celentano cantava “Là dove c’era l’erba ora c’è una città”. Il suo Ragazzo della via Gluck era ambientato a Milano, ma ora la stessa canzone sarà venuta in mente ai cittadini di Messina e Reggio Calabria, in particolare a chi si trova a vivere sui terreni dove dovrebbero iniziare i lavori del fatidico ponte sullo stretto di Messina. La società “Stretto di Messina”, infatti, ha pubblicato un avviso per avviare la fase preliminare dei lavori, quella che prevede gli espropri di 450 persone a cui sarà imposto di lasciare la propria casa e i propri terreni per fare spazio a cantieri. La società ha dato ai questi proprietari 60 giorni di tempo a partire dall’8 aprile, per studiare i documenti e presentare eventuali osservazioni (ed eventualmente fare ricorso al Tar, il tribunale amministrativo regionale). I lavori di cantiere dovrebbero iniziare a dicembre 2024.
La storia del ponte sullo stretto di Messina
L’idea di collegare la Sicilia alla penisola italiana e al resto del continente europeo risale almeno al 1840, quando Ferdinando II delle Due Sicilie pensò alla realizzazione di un ponte, incaricando un gruppo di architetti e ingegneri di fornirgli idee per la costruzione. Sembra che già allora Ferdinando II abbia rinunciato per l’eccessivo costo dell’opera non ammortizzabile per le casse del Regno.
Le proposte continuarono anche dopo l’unità d’Italia, ma fu nel 1952 che l’opera conobbe il suo rilancio principale: su iniziativa dell’associazione dei costruttori italiani in acciaio (Acai), l’ingegnere statunitense David Steinman, uno dei più qualificati e prestigiosi progettisti di ponti sospesi, venne incaricato di redigere un progetto preliminare. Basandosi sul progetto dell’architetto, nel 1955 la regione siciliana commissionò uno studio geofisico allo scopo di verificare la natura delle formazioni sia sulle sponde sia sul fondo dello stretto e, nello stesso anno, venne costituito il consorzio di imprese Gruppo Ponte Messina Spa. Il gruppo resterà protagonista del progetto fino al 1981, con la costituzione della società concessionaria Stretto di Messina Spa.
Nel 1982 il Gruppo Lambertini, già vincitore del concorso internazionale di idee del 1969, presentò alla neonata società concessionaria il proprio progetto aggiornato di ponte strallato, che prevedeva soltanto due pile nel mare. Nel 1985 il presidente del Consiglio Bettino Craxi si pronunciò a favore della rapida realizzazione del ponte: alla fine dell’anno, il 27 dicembre, la Stretto di Messina Spa definì una convenzione con Anas e Ferrovie dello Stato (Fs). Venne così pubblicato un nuovo studio che confrontava tre tipologie di ponte: tutti propesero per la campata unica, lunga 3,3 chilometri (che è poi ancora l’idea di progetto attuale). L’allora presidente dell’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri), attivo fino al 2002, Romano Prodi, affermò che il ponte era una priorità e che i lavori sarebbero stati ultimati nel 1996.
Il progetto definitivo venne presentato nel 1992. Nel 1994, il primo governo guidato da Silvio Berlusconi ottenne il parere favorevole di Anas e Fs sul nuovo progetto approvato. Ma il progetto non iniziò. Solo agli inizi degli anni Duemila, il progetto venne ripreso in mano e modificato ulteriormente: nell’ottobre 2005, durante il terzo governo Berlusconi, l’Associazione temporanea di imprese Eurolink, capeggiata da Impregilo vinse la gara d’appalto come contraente generale per la costruzione del ponte con un’offerta di 3,88 miliardi di euro.
Nonostante la direzione investigativa antimafia mise il parlamento italiano a conoscenza dei rischi di interferenza di Cosa nostra sulla realizzazione del ponte, Impregilo riuscì a firmare il contratto nel marzo 2006 a cui seguirono le firme delle altre ditte. Ma il nuovo governo Prodi, il 10 aprile successivo, bloccò nuovamente tutto l’iter, annullando il contratto con Impregilo e pagando una penale da 500 milioni di euro. Il quarto governo Berlusconi, succeduto a Prodi nel maggio del 2008, annunciò di volere riprendere nuovamente l’iter del progetto di costruzione del ponte e, a gennaio 2009, riconfermò il suo impegno a realizzare l’opera i cui lavori avrebbero dovuto iniziare l’anno successivo per concludersi nel 2016. I primi cantieri, relativi ai lavori propedeutici, furono avviati il 23 dicembre 2009: questi consistevano nella deviazione dell’esistente tratta ferroviaria tirrenica in corrispondenza di Cannitello, poco a nord di Villa San Giovanni, per liberare spazi per il previsto cantiere della torre del ponte. Ma anche qui, Eurolink non firmò alcun progetto definitivo e l’opera venne accontonata per l’ennesima volta, questa volta sotto il governo guidato da Mario Monti il quale aveva avviato una spending review a livello nazionale, cioè un taglio generalizzato dei costi dello stato per limitare l’espansione del debito italiano. Nel 2016, fu l’allora premier Matteo Renzi a rilanciare l’idea della costruzione del ponte sullo Stretto, per “togliere la Calabria dall’isolamento e far sì che la Sicilia sia più vicina”. Ma, propaganda politica a parte, i lavori non presero mai il via.
Il ponte oggi: cosa prevedono il progetto esecutivo e gli espropri della società Stretto di Messina
Veniamo ai giorni nostri. Secondo il progetto attuale, che ricalca il progetto definitivo del 2011 presentato da Eurolink, i due pilastri del ponte sullo Stretto saranno eretti in due aree differenti: Torre Faro in Sicilia e Villa San Giovanni in Calabria. Queste località, che rappresentano i due punti più prossimi tra le due sponde, ospitano da decenni centinaia di residenti. Si tratta di una distanza di 3,3 chilometri, la stessa lunghezza prevista per il ponte. Le colonne saranno alte 399 metri e la vita utile del progetto è prevista per i prossimi 200 anni. Attualmente, l’apertura al traffico è prevista per il 2032.
Il progetto prevede tre corsie stradali per senso di marcia, due binari ferroviari e due corsie di servizio. Per realizzare i lavori, è necessario “liberare” i territori interessati dagli edifici attualmente presenti, per poter avviare i cantieri. Ma quella pubblicata martedì 2 aprile 2024 non è la prima notifica di esproprio. Una molto simile era già stata pubblicata l’8 settembre 2011. Si trattava di un fascicolo composto da 1.089 pagine e anche allora vennero concessi 60 giorni per presentare osservazioni. Poi, il progetto del ponte era stato accantonato dal governo presieduto da Mario Monti a causa degli ingenti costi e da allora non si è più discusso degli espropri fino a un anno fa, quando il governo di Giorgia Meloni ha ripresentato il vecchio progetto.
Il 24 febbraio è stato diffuso il rinnovo del piano esecutivo da parte del gruppo tecnico-scientifico del ministero delle Infrastrutture, che ha ratificato il piano nonostante lo stesso ministero abbia riscontrato 68 punti da tenere monitorati: tra queste spiccano le richieste di maggiori verifiche sugli effetti del vento, controlli sulla sismicità e sul rischio terremoti, aggiornamenti delle analisi strutturali per esaminare scenari di funzionalità anche nel caso di eventi estremi e maggiore chiarezza su come e dove sarà reperito l’acciaio necessario per le nuove norme in materia di elasticità. Da ricordare, inoltre, che sull’opera pende un’inchiesta della procura di Roma dopo l’esposto presentato dai due partiti di opposizione, Partito democratico e Alleanza Sinistra e Verdi: nell’esposto, che riguarda “l’attività di progettazione e realizzazione” del ponte sullo stretto, i parlamentari chiedono alla procura di chiarire perché la società Stretto di Messina “ha ritenuto di non rendere pubblici documenti fondamentali per l’entità del progetto e le procedure”.
Secondo diversi esperti, l’impatto del ponte sulla città e sulla quotidianità dei cittadini è stata sottovalutata: la costruzione del ponte sullo Stretto, infatti, comporterà un numero di espropri abitativi significativamente superiore rispetto alla maggior parte delle grandi opere pubbliche realizzate negli ultimi decenni. A Torre Faro, per esempio, è previsto l’abbattimento di 250 case, oltre a ristoranti, chioschi, negozi (ci sono anche un motel e un campeggio abbandonati). È previsto anche l’abbattimento di due cappelle del cimitero. Insomma, buona parte del paese verrà stravolta dai lavori. A Villa San Giovanni saranno abbattute 150 case. Il quotidiano economico Il Sole 24 Ore ha stimato che per risarcire tutti i cittadini saranno necessari oltre 100 milioni di euro, stando al valore di mercato degli immobili.
Le ragioni di chi si oppone al progetto
Il ministro Matteo Salvini, responsabile delle infrastrutture e dei trasporti, ha ribadito ripetutamente il suo sostegno al progetto del ponte durante l’ultima legislatura, evidenziando diversi benefici attesi. Tra questi, Salvini ha sottolineato l’impatto positivo sulle emissioni inquinanti, prevedendo un risparmio di almeno 140mila tonnellate di CO2 nell’aria e la pulizia del canale di Sicilia. Il ministro ha definito il ponte sullo Stretto di Messina come “la più grande opera green al mondo”. Inoltre, i sostenitori del ponte hanno evidenziato i benefici legati alla riduzione del traffico marittimo, compreso il numero di navi e traghetti che attraversano lo Stretto, trasportando auto e treni.
Per quanto riguarda i costi di realizzazione, alcuni ritengono che potrebbero essere compensati sia attraverso il pedaggio per l’utilizzo del ponte sia grazie agli impatti positivi sul commercio e sul turismo. Salvini prevede una significativa riduzione dei tempi di attraversamento dello Stretto, da 45 minuti (o anche diverse ore, considerando i tempi di imbarco) a circa 25 minuti. Inoltre, si prevede che il progetto potrebbe avere un impatto positivo sull’occupazione, coinvolgendo un numero significativo di persone durante la fase di costruzione, inclusi sia gli operatori delle imprese edili che le aziende connesse. Non ci sono stime precise – come sempre, in questi casi – ma Salvini ha parlato di “decine di migliaia di persone” coinvolte nella realizzazione del ponte.
Tuttavia, i critici del progetto hanno sollevato diverse preoccupazioni, soprattutto riguardo al rischio sismico della zona e ai costi elevati che potrebbero superare i benefici attesi. Alcuni ritengono che l’impatto ambientale di una struttura così imponente sia innegabile, sia sul paesaggio che in termini di emissioni: non si tratta solo di cemento e acciaio, ma di ecosistemi, di biodiversità, di equilibri delicati che una volta spezzati, non possono essere ricomposti.
I costi di progettazione e liquidazione della società Stretto di Messina hanno già superato i 300 milioni di euro, e i costi complessivi del progetto sono notevolmente aumentati rispetto alle stime iniziali: ora si parla di una cifra intorno ai 13,5 miliardi di euro, ma si prevede che potrebbero superare i 15 miliardi di euro. Una quantità simile di denaro potrebbe portare anche al rischio di infiltrazioni criminali negli appalti, forniture, consulenze e altri ambiti della progettazione e realizzazione.
Esistono alternative? Per molti la risposta è positiva: basterebbe migliorare le reti ferroviarie interne della Calabria e della Sicilia per portare benefici simili in termini di mobilità. Da quanto si apprende in una nota diffusa dal comitato No Ponte, presto vi sarà una grande manifestazione in cui i cittadini contrari ribadiranno la loro contrarierà al progetto.
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