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In Qatar cominciano a mancare i generi alimentari. Alcune famiglie sono separate. Si moltiplicano gli appelli ad aprire i negoziati.
L’Iran ha inviato cinque aerei carichi di prodotti alimentari per sostenere il Qatar, dopo l’isolamento imposto all’emirato da una serie di nazioni del Golfo, Arabia Saudita in testa. “I velivoli hanno trasportato circa 90 tonnellate di cibo ciascuno”, ha fatto sapere Shahrokh Noushabad, portavoce della compagnia aerea Iran Air, secondo quanto riportato dalla stampa internazionale. “Altre 350 tonnellate sono state caricate su tre piccole imbarcazioni”, ha dichiarato il direttore del porto di Dayyer, nel sud dell’Iran, citato dall’agenzia di stampa Tasnim. Il Qatar, d’altra parte, dipende fortemente dalle importazioni per l’approvvigionamento di beni alimentari di cui necessita: il suo territorio, in gran parte desertico, non consente infatti di sviluppare in modo sufficiente né agricoltura, né allevamenti.
Amnesty International ha avvertito sabato che l’applicazione dell’embargo da parte delle nazioni che circondano il Qatar rappresenta “un gioco sulla vita delle persone”. Perfino il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha chiesto all’Arabia Saudita di alleggerire le misure, dal momento che esse “hanno delle conseguenze umanitarie. Constatiamo già la mancanza di cibo e il fatto che i bambini vengono ritirati dalle scuole”. Il responsabile diplomatico del presidente Donald Trump ha tuttavia voluto “salvare” gli alleati di Riyad: “Pensiamo che si tratti di conseguenze non volute, soprattutto durante il mese sacro del ramadan. Ma si può rimediare immediatamente”.
Ma la decisione di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein di rompere le relazioni commerciali, assieme ai collegamenti terrestri, aerei e navali, con il Qatar, sta provocando anche altre conseguenze pratiche per le popolazioni delle nazioni coinvolte. Il quotidiano francese Le Monde parla di “famiglie separate” e di “preoccupazione da parte dei lavoratori stranieri, in particolare quelli egiziani che rappresentano una delle comunità più importanti nell’emirato”. Quest’ultimo, però, ha diffuso nel corso del fine settimana un comunicato particolarmente “morbido”, nel quale ha fatto sapere che non è stata presa alcuna disposizione nei confronti dei cittadini “dei paesi fratelli e amici che hanno rotto le relazioni diplomatiche sulla base di campagne ostili e malvagie orchestrate contro di noi”.
A Doha il dito è infatti puntato soprattutto contro gli Stati Uniti. Non a caso, il governo qatariota si è già attivato rivolgendosi allo studio legale di un ex ministro della giustizia americano, John Ascroft, per tentare di far leva sull’amministrazione di Washington, considerata il deus ex machina della linea dura saudita. Tra l’avvocato e il Qatar è stato firmato un contratto da 2,5 milioni di dollari, che è stato reso pubblico dal governo in base al Foreign Agents Registration Act (legge che impone a chi effettua consulenze all’estero di dichiarare le proprie attività). L’azione legale punterà a tentare di dimostrare che le accuse di “sostenere il terrorismo” mosse contro Doha sono in realtà fasulle e che anzi l’emirato si sarebbe speso per lottare contro gli integralismi.
Nel frattempo, la macchina diplomatica guidata dal Kuwait nel tentativo di negoziare una “pace” tra le parti si è attivata. A chiedere un compromesso c’è anche la Turchia, mentre la Russia di Putin, il 10 giugno, ha lanciato un appello: “Siamo favorevoli ad una soluzione basata sul dialogo. Non vogliamo che le relazioni tra nostri partner si deteriorino”, ha dichiarato il ministro degli Esteri di Mosca Sergei Lavrov ricevendo il suo omologo qatariota, lo sceicco Mohamed Bin Abderrahmane Al-Thani.
Quest’ultimo si è recato anche in Germania e a Bruxelles, dove ha incontrato il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, ricevendo ancora una volta un appello alle parti affinché accettino “un dialogo politico”.
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