Raccolta Raee in Africa. Le città europee gemellate con quelle africane

Sono milioni le tonnellate di Raee (Rifiuti elettrici ed elettronici) gestite in maniera non corretta in tutto il continente africano. Complici indubbiamente il cambiamento negli stili di vita delle persone, ma anche quell’export spesso illegale che porta i nostri rifiuti elettronici nelle discariche di paesi come Ghana e molti altri.     Per questo Remedia,

Sono milioni le tonnellate di Raee (Rifiuti elettrici ed elettronici) gestite in maniera non corretta in tutto il continente africano. Complici indubbiamente il cambiamento negli stili di vita delle persone, ma anche quell’export spesso illegale che porta i nostri rifiuti elettronici nelle discariche di paesi come Ghana e molti altri.

 

raee in africa
Un punto di raccolta e vendita dei materiali raccolti dai rifiuti elettrici ed elettronici.

 

Per questo Remedia, con i fondi messi a disposizione dall’Unione europea, ha dato il via alla seconda fase di Ewit, progetto di cooperazione tra Europa e Africa sulla corretta gestione dei Raee, del valore di oltre 1,6 milioni di euro. Quattro le città coinvolte nell’iniziativa e gemellate con altrettante città europee: Firenze (Italia), Anversa (Belgio), Oporto (Portogallo) e Vienna (Austria), con Choma (Zambia), Abidjan (Costa d’Avorio), Johannesburg (Sud Africa) e Kisii (Kenya). Le città collaboreranno per elaborare best practice e per sviluppare sistemi efficaci di gestione e di valorizzazione dei rifiuti tecnologici.

 

Il cambiamento degli stili di vita e dei pattern di consumo della classe media in Africa ha contribuito a portare a galla il tema dei Raee, con la necessità di gestirli in modo corretto”, spiega Danilo Bonato, presidente di Remedia. “In Africa la situazione varia da Paese a Paese, negli stati più avanzati, come ad esempio il Sud Africa, la situazione comincia ad essere presa in mano proprio in questi anni. Lavorare sul lungo periodo con i paesi africani e creare dei network che coinvolgano più attori è sicuramente una strada da percorrere. Seppur in Europa si parli di Raee da soltanto una decina d’anni, siamo riusciti a sviluppare un know-how relativo al tracciamento dei flussi, al riciclo e al trattamento dei rifiuti tecnologici da poter condividere e trasferire per creare un sistema corretto e basato sull’economia circolare sin dalla partenza. In questo senso, un supporto europeo su temi che vanno dalla stesura del piano normativo, alla formazione dei lavoratori, alla sensibilizzazione verso i cittadini rappresenta un grande valore aggiunto”.

 

raee in africa
Una discarica a cielo aperto.

I Raee in Africa, una vera miniera

Ad Abidjan i rifiuti domestici e professionali sono raccolti e trasportati da diversi fornitori alla discarica comunale, dove lavoratori informali recuperano materiali di valore per venderli nei mercati locali, mentre a Choma i rifiuti vengono raccolti tutti insieme e buttati nelle discariche informali. I rifiuti tecnologici più comuni come frigoriferi, congelatori, microonde, telefoni cellulari, finiscono quindi in discarica. Un’enorme miniera di minerali e materie prime rare che vengono letteralmente buttati. “A livello economico – sottolinea Bonato – dobbiamo pensare che i Raee contengono un’alta percentuale di materie prime seconde recuperabili – tra cui materiali preziosi come oro, argento e terre rare – e rappresentano quindi una miniera urbana. Se pensiamo che l’Europa dipende dagli altri continenti per oltre l’80 per cento delle materie prime, diventa fondamentale creare opportunità di partnership tra continenti per garantirne l’approvvigionamento”.

Tra le quattro città africane solo Johannesburg vanta un discreto numero di infrastrutture per la gestione dei Raee. Durante il 2014, circa 13,8 tonnellate di rifiuti elettronici sono state generate dalle famiglie di Johannesburg e raccolte per essere smaltite e trattate. Nonostante questo si stima che circa il 45 per cento delle apparecchiature elettriche ed elettroniche stoccate in un magazzino nella provincia di Gauteng siano di proprietà del governo, mentre che aziende e famiglie posseggano rispettivamente il 30 per cento e 25 cento.

 

“Il progetto Ewit – conclude Bonato – si inserisce proprio in questo scenario, proponendosi di aumentare la quantità di rifiuti tecnologici riciclati del 30 per cento, nonché di contrastare l’export illegale”.

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