La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
È stato pubblicato il rapporto Grandi carnivori 2018, che analizza lo stato di salute di orsi, lupi e linci e le criticità legate alla loro gestione.
I grandi carnivori sono specie fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi, in grado di determinare effetti a cascata che influenzano non solo gli altri animali, ma anche la vegetazione. In molte aree del pianeta i grandi predatori stanno vivendo un drammatico declino, in Italia invece, grazie alle misure di protezione e agli sforzi di conservazione, stanno tornando ad occupare gli antichi territori, da cui erano stati eradicati con la forza. La presenza dei grandi carnivori è però in grado di suscitare paure ataviche e ingiustificate, acuite dalla perduta abitudine alla convivenza e dall’allarmismo e dal sensazionalismo con cui buona parte della stampa racconta questi animali. Il rapporto Grandi carnivori 2018 del Servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento analizza lo stato di salute di orso (Ursus arctos), lupo (Canis lupus italicus) e lince (Lynx lynx) in Trentino, ma anche gli effettivi danni provocati da questi animali, con l’obiettivo di fornire un quadro oggettivo e favorire la coesistenza tra uomo e predatori.
Il rapporto, a cura di Fabio Angeli, Daniele Asson, Natalia Bragalanti, Claudio Groff, Luca Pedrotti e Paolo Zanghellini, e realizzato con il contributo di Museo delle Scienze di Trento (Muse), parco naturale Paneveggio Pale di San Martino (Pn Ppsm), Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e Fondazione Edmund Mach (Fem), ha evidenziato soprattutto che non c’è alcuna emergenza-predatori. I danni provocati da orsi, lupi e linci sono infatti contenuti, a testimonianza dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate dalla provincia.
Per il 2018 le stime sulla popolazione di orsi presente nella provincia è stata basata, a differenza degli anni passati, sui soli dati raccolti mediante monitoraggio opportunistico, che si basa cioè sulla raccolta dei campioni organici rinvenuti sul territorio durante le ordinarie attività di servizio e in corrispondenza dell’accertamento di danni e del controllo dei grattatoi. Dai dati raccolti è emerso che la popolazione è stimata tra i 60 ed i 78 esemplari. Nel 2018 sono nati 21-23 cuccioli, mentre è stata registrata la morte di un solo esemplare.
I cuccioli di Daniza e KJ2, le due femmine di orso uccise in Trentino nel 2014 e nel 2017, sono stati lasciati crescere in natura come previsto dalle “Linee guida per la gestione dei cuccioli di orso privi della madre” e, come testimoniato dai monitoraggi, stanno crescendo in salute. I due figli di KJ2, si legge nel rapporto “sono entrati nel 2018 nella fascia di età dei giovani che in ogni caso prevede il distacco definitivo dalla madre, mentre i figli di Daniza, la cui presenza è stata confermata anche nel corso del, 2018, hanno raggiunto la classe di età adulta (hanno infatti 5 anni a fine 2018)”.
Nessun altro animale, perlomeno in Italia, è in gradi di suscitare giudizi polarizzanti come il lupo, proprio per questo lo studio sull’effettiva entità della popolazione e sul suo reale impatto è particolarmente importante. Il lupo, dopo essere scomparso dalla provincia di Trento verso la metà del XIX secolo, è tornato naturalmente a partire dal 2010. L’attività di monitoraggio svolta nel 2018 ha rilevato la presenza di sette gruppi familiari e di altri esemplari, forse in dispersione. I tecnici che hanno redatto il rapporto hanno cercato di approfondire le conoscenze sulle dinamiche preda-predatore monitorando un branco in particolare. È emerso che “nel territorio occupato dal branco, entro cui ricadono circa sette alpeggi, ad oggi non sono stati riscontrati casi di predazione a carico del patrimonio zootecnico. Tutte le predazioni sino ad ora rilevate, sia sulla base dei riscontri satellitari sia con rinvenimenti occasionali, sono a carico di ungulati selvatici, in particolare cervo e capriolo”.
Monitorare la presenza di una specie tanto elusiva come la lince è particolarmente difficile. Il più grande felino europeo è infatti un vero spettro dei boschi, nei quali vive mimetizzandosi alla perfezione, cacciando al crepuscolo e di notte ed evitando accuratamente ogni contatto con l’uomo. Nella provincia di Trento vive un solo esemplare, un maschio denominato B132, proveniente dalla piccola e reintrodotta popolazione svizzera del Canton S. Gallo. L’animale, insediatosi nell’area nel 2008, si è stabilito nella porzione sud-occidentale della provincia, in particolare tra i monti della val d’Ampola, e nel corso del 2018 è stato possibile documentarne la presenza con certezza.
La provincia di Trento, fin dal 1976, indennizza al 100 per cento i danni causati dagli orsi, tale norma è stata nel 2011 estesa anche a quelli provocati da lupi e linci. “Nel 2018 sono stati accertati 222 danni da grandi carnivori dei quali 157 da orso e 65 da lupo – si legge nel rapporto. – Nessuno da lince. Nel 97 per cento dei casi alla denuncia di danno è seguito un sopralluogo del personale forestale, che ha redatto il verbale di accertamento. Sono stati complessivamente liquidati 171.567,46 euro di cui 94.977,52 euro per danni da orso e 76.589,94 euro per danni da lupo”. L’effettiva spesa effettuata per rimborsare gli attacchi di orsi e lupi è dunque contenuta e non giustifica l’allarmismo e i reiterati tentativi della provincia di autorizzare la cattura e l’abbattimento di lupi e orsi.
Il ritorno dei grandi carnivori impone ad aziende agricole, pastori e apicoltori di difendere le proprie attività. Per supportare queste persone il Servizio foreste e fauna ha messo a punto il documento “Gestione e prevenzione dei danni da lupo in provincia di Trento”. La promozione degli strumenti di difesa, come recinzioni e cani da guardiania, sta riscuotendo successo e nel 2018 sono state presentate 207 richieste, contro le 129 del 2017, per misure di prevenzione per la protezione dei patrimoni zootecnici e apistici. Per la realizzazione di tali misure sono stati spesi, secondo il rapporto, circa 148mila euro.
Laddove correttamente adottate, le misure di prevenzione si sono rivelate assolutamente efficaci. “In tutte le malghe nelle quali si sono realizzate le opere di prevenzione non sono state successivamente registrate predazioni da lupo e orso, né a carico degli animali protetti, né di quelli non protetti”. Mentre negli alpeggi sono stati accertati complessivamente solo sei attacchi al bestiame protetto. Questi dati dimostrano, ancora un volta, che la coesistenza tra uomini e grandi predatori è possibile, a patto che ci si protegga adeguatamente. I grandi predatori, oltre a ricoprire un ruolo fondamentale nell’ambiente che abitano, arricchiscono le nostre vite rendendole più eccitanti e da sempre esercitano sulla nostra specie una profonda fascinazione, come testimoniano l’antico culto degli orsi nelle grotte preistoriche, o il ruolo del lupo in numerose mitologie. Non possiamo gettare al vento questa ricchezza naturalistica e culturale in nome di una illusoria sicurezza.
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