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Per la transizione energetica servono materiali che l’Europa non possiede. La startup RarEarth ha trovato il modo di riciclarli, convincendo Primo Climate.
In pochi lo immaginano, ma il neodimio è una presenza costante e silenziosa nella nostra vita quotidiana. Insieme a ferro e boro, compone i magneti (chiamati appunto NdFeB) che fanno funzionare cuffie, auricolari, motori di auto e bici elettriche, altoparlanti, turbine eoliche, anche alcuni giocattoli. Il neodimio fa parte della grande famiglia delle terre rare: non lo possiamo produrre in laboratorio e nemmeno estrarre, perché in Europa non esistono miniere. Finora ci siamo limitati a importarlo. Ma una startup innovativa italiana, RarEarth, ha avuto un’idea diversa: riciclare questi magneti. Un’idea che è divenuta una tecnologia che sarà sviluppata su scala industriale in un sito produttivo ad hoc. Sarà il primo in Italia e verrà realizzato anche grazie all’aumento di capitale da 2,6 milioni di euro che la startup ha appena chiuso e che vede come capofila Primo Capital Sgr, con il suo fondo Primo Climate.
Nel 2022 la domanda globale di terre rare si attestava su 170mila tonnellate: nel 2035 arriverà a 466mila. In Europa, in particolare, il fabbisogno di magneti neodimio-ferro-boro è destinato a triplicare entro il 2030, passando da 12 a 36mila tonnellate all’anno. Sono tecnologie abilitanti per la transizione energetica, in particolare per i veicoli elettrici, le turbine eoliche e l’elettronica di consumo. Per i primi due la domanda europea di terre rare è destinata ad aumentare rispettivamente di sette e di 4,5 volte entro la fine del decennio, mentre per l’elettronica di consumo resterà stabile.
Insomma, la transizione verde dell’Unione europea dipende da risorse che l’Europa non possiede. Nella catena del valore dei magneti NdFeB a fare la parte del leone è la Cina, con una quota di mercato del 60 per cento nell’estrazione dei metalli, dell’87 per cento nella loro lavorazione e del 91 per cento nella produzione di leghe e magneti finiti. Una posizione dominante che il gigante asiatico può anche sfruttare come leva geopolitica. Per non parlare poi di tutti i problemi che possono sorgere quando le filiere sono così lunghe e globalizzate: ne abbiamo avuto una prova durante la pandemia da coronavirus, oppure con i blocchi improvvisi di snodi strategici come il Canale di Suez.
Attraverso il Critical raw materials act del 2024 le istituzioni europee riconoscono le terre rare come risorse strategiche che ben presto diventeranno più importanti di gas e petrolio, per citare le parole della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E si pongono l’obiettivo di soddisfare almeno il 25 per cento del consumo con il riciclo. Un traguardo a dir poco ambizioso, considerato che ad oggi le percentuali di riciclo nel Vecchio Continente sono vicine allo zero. Nel caso dei magneti neodimio-ferro-boro, quello che talvolta succede è che “i motori e gli elettrodomestici a fine vita vengono spediti con degli escamotage in Cina, dove c’è la possibilità di riciclarli”, spiega Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate e partner di Primo Climate.
La startup RarEarth vuole portare il riciclo in Italia, e farlo estraendo il magnete dal rifiuto e producendone direttamente uno nuovo. Un approccio che è stato già tentato altrove, ma sporadicamente e senza mai arrivare a uno sviluppo industriale. Almeno finora. Le competenze chimiche di Gianluca Torta e quelle meccaniche di Enrico Pizzi – i due co-founder – hanno portato a formulare una reazione chimica particolarmente performante. “Riusciamo a ottenere un magnete puro, di alta qualità, il che non è banale perché nei rifiuti ci sono colle, ruggine, residui organici”, racconta Enrico Pizzi a LifeGate.
Fondata nel 2023, RarEarth non è passata inosservata. Lo dimostra l’aumento di capitale da 2,6 milioni di euro che ha appena chiuso. Oltre a Primo Climate, il fondo di Primo Capital Sgr che ha avuto il ruolo di lead investor, hanno partecipato anche Mito Tech Ventures – come co-lead investor – e Corbites Fund, Vento Ventures e Coreangels Climate. L’ingresso di questi capitali permetterà di allargare il team, efficientare i processi industriali e soprattutto di realizzare il primo sito italiano per la produzione di magneti neodimio-ferro-boro da materiale riciclato. “Per noi è un passaggio fondamentale”, conferma Pizzi. “A differenza di tante altre startup che lavorano sui software, la nostra deve creare un processo produttivo. E non è semplice trovare chi creda veramente in un progetto industriale come il nostro”.
Sono proprio le realtà che Primo Climate cerca attivamente. “Non facciamo questi investimenti per perseguire un’idea di sostenibilità fine a sé stessa. Li facciamo perché la sostenibilità, soprattutto in questo momento storico e geopolitico, rende più forte e resiliente il nostro Continente, evitando che si trovi sotto scacco di altre potenze straniere soprattutto per i settori strategici, in primis la transizione energetica”, sottolinea Simone Molteni. “Servono quindi tecnologie (e abbiamo trovato quella, italiana, di RarEarth), servono investimenti e serve una politica che accompagni tutta la filiera. Se l’Unione europea vuole arrivare al 25 per cento di terre rare riciclate in cinque anni deve anche agire su normative e autorizzazioni, ad oggi complicatissime, dimostrandosi coerente con i propri annunci”.
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