Settantaquattro giornalisti sono stati uccisi in tutto il mondo, nel corso del 2016, mentre esercitavano le loro funzioni o comunque per ragioni legate al loro lavoro. A spiegarlo è il bilancio annuale di Reporter senza frontiere, che parla di una “sinistra caccia” nei confronti della professione.
Il totale risulta in ogni caso in calo rispetto al 2016, quando le vittime erano state 101. “Si tratta tuttavia di un calo che non lascia spazio all’ottimismo, perché è una conseguenza diretta del fatto che numerosi giornalisti si sono visti costretti, nel corso degli ultimi mesi, a fuggire da alcuni paesi diventati ormai troppo pericolosi, in particolare dalla Siria, dall’Iraq, dalla Libia, dall’Afghanistan, dal Burundi e dallo Yemen”.
Siria e Afghanistan i paesi più pericolosi per i giornalisti
Sempre meno cronisti, dunque, riescono ad avventurarsi nelle zone più “calde” del pianeta, il che rende particolarmente difficile ottenere informazioni affidabili. In altri casi, “nonostante il loro coraggio, i reporter sono costretti all’autocensura perché minacciati. È il caso ad esempio del Messico, che tra le nazioni in pace è quella che presenta il numero più alto di uccisioni”, ben nove nel corso dell’anno. Due terzi delle vittime sono stati registrati in zone di conflitto: in testa la Siria, seguita dall’Afghanistan. L’associazione spiega che si tratta quasi unicamente di reporter locali, dal momento che le grandi testate internazionali sono sempre più restie a inviare i propri giornalisti in territori così pericolosi.
“La professione – ha denunciato Christophe Deloire, segretario generale di Reporter senza frontiere – è ormai chiaramente nel mirino. I killer uccidono i giornalisti proprio per le funzioni che esercitano. Si tratta di una situazione allarmante, che segna la morte dell’informazione indipendente nelle zone in cui la censura e la propaganda soverchiano tutti le fonti”. Il dirigente ha quindi lanciato un appello alle Nazioni Unite, affinché “con l’arrivo del nuovo segretario generale Antonio Guterres venga nominato un rappresentante speciale per la protezione dei giornalisti”.
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