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Il rapporto 2017 di Reporter senza frontiere premia l’Italia e boccia, tra gli altri, Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Turchia, Ungheria e… Beppe Grillo.
“Mai nella storia la libertà di stampa era stata così in pericolo”. Il rapporto 2017 di Reporter senza frontiere (Rsf) scatta una fotografia a tinte fosche, soprattutto per 72 dei 180 paesi monitorati dall’associazione, nei quali la situazione appare “difficile” se non “molto grave”. L’organizzazione sottolinea l’incremento generalizzato di attacchi ai media, la crescente divulgazione di false informazioni, nonché le politiche di repressione e il trionfo di “uomini forti” come Donald Trump negli Stati Uniti e Recep Tayyip Erdogan in Turchia. Il che pone “il rischio di grandi cambiamenti”, anche “in importanti sistemi democratici”: “L’arrivo al potere del nuovo presidente a Washington, così come la campagna per la Brexit nel Regno Unito – ha indicato Rsf – sono stati caratterizzati da una grande circolazione di informazioni false. Ovunque si afferma il modello dell’uomo autoritario, la libertà di stampa retrocede”.
“L’ossessione di controllo da parte delle autorità e il mancato rispetto della segretezza delle fonti – si legge ancora nel rapporto – hanno contribuito a far scivolare verso il basso numerosi paesi considerati virtuosi: gli Usa al 43esimo posto, ad esempio, scendendo di due gradini, o il Regno Unito al 40esimo (anche in questo caso due piazzamenti più giù rispetto all’anno precedente)”.
In altri casi si parla di autentico crollo: la Nuova Zelanda ha perso infatti ben otto posizioni, scendendo al tredicesimo posto nella classifica mondiale. Scivolano anche la Polonia (54esima), “che strangola finanziariamente la stampa indipendente”, l’Ungheria di Viktor Orban (71esima) e la Tanzania di John Magufuli (83esima). Sempre più in difficoltà, poi, i giornalisti della Turchia: la nazione euroasiatica si trova nei bassifondi della classifica, al 155esimo posto, quattro gradini più giù rispetto al 2016. Non lontana la Russia di Vladimir Putin, 148esima.
Tra le nazioni nelle quali la stampa è oggetto degli attacchi più duri, Reporter senza frontiere cita l’Egitto e il Bahrein (“dove i giornalisti vengono imprigionati”), il Turkmenistan (“una delle dittature più chiuse del mondo”) e la Siria (“la nazione nella quale hanno perso la vita più reporter”). Ma il rapporto punta il dito anche contro Uzbekistan, Azerbaijan, Vietnam, Laos, Cuba, Sudan e Guinea equatoriale. Situazioni critiche vengono segnalate poi in Iran e in Arabia Saudita: il rapporto cita il caso del blogger Raif Badawi, condannato a dieci anni di reclusione.
A guadagnare posizioni, invece, sono le Filippine (127esime, +11 in un anno), grazie al calo del numero di giornalisti uccisi: “Ma gli insulti e le minacce che giungono dal presidente Rodrigo Duterte non lasciano presagire nulla di buono”. E soprattutto l’Italia, che guadagna ben 25 posizioni, passando dal 77esimo al 52esimo posto, nonostante “le intimidazioni”, la “pressione delle organizzazioni criminali” e le scelte di alcuni uomini politici. Rsf cita in particolare Beppe Grillo, “che non esita ad indicare pubblicamente i nomi dei giornalisti ritenuti scomodi”.
Secondo Rsf, di conseguenza, la stampa può essere considerata realmente libera solo in una cinquantina di nazioni, concentrate in America del Nord, Europa, Australia e Africa meridionale. A guidare la classifica, come ormai di consueto, sono i paesi scandinavi: Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca. Mentre agli ultimi posti figurano l’Eritrea e la Corea del Nord, “luoghi nei quali ascoltare una radio straniera può comportare la reclusione in campi di concentramento”.
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