Rifiuti nocivi come aiuti umanitari in Africa, debellato il traffico

Un’organizzazione che raccoglieva (anche a domicilio) rifiuti nocivi spedendoli in Africa come aiuti umanitari è stata smantellata dalla Guardia di Finanza di Modena. Quattro persone sono agli arresti domiciliari, 41 le denunce spiccate, quattro siti di stoccaggio in Emilia Romagna con camion e ruspe sono stati sequestrati. Per superare i controlli doganali erano state costituite

Un’organizzazione che raccoglieva (anche a domicilio) rifiuti nocivi spedendoli in Africa come aiuti umanitari è stata smantellata dalla Guardia di Finanza di Modena. Quattro persone sono agli arresti domiciliari, 41 le denunce spiccate, quattro siti di stoccaggio in Emilia Romagna con camion e ruspe sono stati sequestrati. Per superare i controlli doganali erano state costituite due Onlus, così da dare una copertura umanitaria ai traffici. Le accuse per le persone coinvolte, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e gestione di discariche abusive di rifiuti speciali e pericolosi.

 

Gli ingenti quantitativi di rifiuti speciali venivano fatti passare per beni oggetto di caritatevole donazione a favore delle popolazioni indigenti africane. L’organizzazione si avvaleva di due Onlus con finalità di aiuto e solidarietà verso i popoli africani, che emettevano bolle e fatture pro-forma giustificative delle esportazioni. Con questo sistema l’organizzazione era in grado di spedire, via mare, verso il continente africano circa 50 container al mese, andando ad alimentare ulteriormente il traffico illecito di rifiuti pericolosi, il cui business vede interessati anche trafficanti di origini africane che dall’Italia, con società regolarmente costituite, reperiscono rifiuti speciali in maniera capillare. Una sola delle Onlus individuate risulta aver effettuato oltre 1.000 spedizioni nel periodo dal 2010 al 2013.

 

Trasportatori, spedizionieri doganali, facchini, gruisti e altre figure professionali usavano i mezzi aziendali per accatastare in quattro siti di stoccaggio, ubicati principalmente nel modenese, materiali tecnologici obsoleti (monitor, pc, stampanti), oltre a migliaia di elettrodomestici, autovetture demolite e radiate dal Pra, batterie per veicoli esauste, estintori, pneumatici per auto. Poi si caricava tutto in container imbarcati al porto di Genova con destinazione Africa (prevalentemente Ghana e Nigeria). Verso l’Africa sono così partite tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi stipati all’interno di container.

 

Oltre a riempire i siti, inoltre, l’organizzazione effettuava un servizio illecito “a domicilio” per il cliente, andando a posizionare i container vuoti nelle località indicate dai committenti, provvedendo poi al successivo ritiro.

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