
In un referendum i cittadini hanno scelto di creare 500 nuove “strade-giardino”, rendendo la capitale francese sempre più verde e a misura d’uomo.
Il World economic forum ha stilato la classifica dei dieci maggiori rischi globali: sei riguardano le condizioni del pianeta.
Permacrisis, crisi permanente, è il termine che secondo il dizionario inglese Collins descrive al meglio il 2022 appena concluso. Un anno in cui la crisi sanitaria dovuta alla pandemia si è intrecciata con quella climatica in corso da decenni, e a ciò si è aggiunta la guerra in Ucraina con le sue conseguenze a cascata sui prezzi, in primo luogo energetici e alimentari. Diventa a questo punto interessante capire quali sono, secondo i massimi esperti di business, i principali rischi globali che incombono sul sistema economico nel medio termine. Se ne occupa il World economic forum attraverso la diciottesima edizione del suo Global risks report, pubblicato mentre è in corso il summit di Davos. Ebbene, i primi quattro in classifica sono tutti rischi climatici o ambientali. Nella top ten rappresentano la maggioranza, sei su dieci.
Il report si basa su una rilevazione sottoposta a 1.200 esperti dell’accademia, del business, delle istituzioni, della comunità internazionale e della società civile. I risultati sono inequivocabili. Nella graduatoria dei rischi globali con un orizzonte a dieci anni, messi in ordine di impatto, al primo posto c’è l’incapacità di mitigare i cambiamenti climatici. A seguire troviamo l’incapacità di adattarsi al loro impatto, disastri naturali ed eventi meteo estremi, perdita di biodiversità e collasso degli ecosistemi. Al quinto posto compare il primo rischio di carattere non ambientale, cioè le migrazioni, e poi si passa a crisi delle risorse naturali, erosione della coesione sociale e polarizzazione nella società, cybercrime e insicurezza informatica, confronto geoeconomico e danni ambientali su larga scala. A conti fatti, dunque, i rischi globali che riguardano il pianeta sono sei su dieci.
Diversa la classifica dei rischi globali con un orizzonte immediato (2 anni), perché al primo posto figura l’impennata del costo della vita. Anche qui, comunque, le questioni climatiche e ambientali occupano cinque posizioni su dieci.
Per capire com’è cambiata la consapevolezza, si può fare un confronto con le edizioni precedenti. Facendo un salto indietro di dieci anni esatti, si scopre che nel Global risks report del 2013 la classifica dei cinque rischi globali ritenuti più impattanti, con un orizzonte a dieci anni, è così composta: crisi finanziaria sistemica, crisi nell’approvvigionamento idrico, squilibri fiscali cronici, diffusione delle armi di distruzione di massa. Al quinto posto compare il primo rischio di carattere ambientale, cioè l’incapacità di adattarsi ai cambiamenti climatici.
Insomma, è sempre più chiaro come la salvaguardia del pianeta non sia appannaggio di una nicchia di ambientalisti. È un tema, anzi il tema, da cui dipende il futuro del nostro sistema economico e del nostro tessuto sociale. Affrontarlo è una necessità immediata, non un atto di idealismo o sensibilità. “I rischi climatici e ambientali sono al centro della percezione dei rischi globali nel prossimo decennio”, mette nero su bianco il World economic forum nelle pagine dello studio. “E sono i rischi per i quali ci dimostriamo meno preparati”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
In un referendum i cittadini hanno scelto di creare 500 nuove “strade-giardino”, rendendo la capitale francese sempre più verde e a misura d’uomo.
Siamo stati a Montespluga per lo Skialp Fest di Homeland per capire perché lo scialpinismo sia un modo bellissimo e meno impattante di vivere la montagna.
Il premio Wood Architecture Prize by Klimahouse ha rappresentato anche un modo per celebrare la Giornata internazionale delle foreste.
L’Europa ragiona su un piano da 800 miliardi e intanto vota per una maggiore sicurezza: inevitabilmente quei fondi verranno sottratti alle vere emergenze.
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
Un tribunale condanna Greenpeace a pagare 660 milioni di dollari. L’accusa? Aver difeso ambiente e diritti dei popoli nativi dal mega-oleodotto Dakota Access Pipeline.
In Italia sono 265 gli impianti ormai disuso perché non nevica più: rimangono scheletri e mostri di cemento. E l’esigenza di ripensare la montagna e il turismo.
Temendo la presenza di rifiuti tossici, la Groenlandia ha interrotto l’estrazione dell’uranio. Ora potrebbe essere costretta a ricominciare. O a pagare 11 miliardi di dollari.
L’organizzazione della Cop30 nella foresta amazzonica porta con sé varie opere infrastrutturali, tra cui una nuova – contestatissima – autostrada.