L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Per difendere i papà che “educano i figli” e i “valori della famiglia” in Russia le violenze su donne e bimbi potranno essere punite con una semplice multa.
Il parlamento della Russia ha approvato una legge che punta a depenalizzare le violenze commesse all’interno delle mura domestiche. I sostenitori del provvedimento hanno spiegato che esso è necessario per evitare “la distruzione della famiglia”. E se la decisione, così come la sua giustificazione, appaiono decisamente sorprendenti, lo è ancor di più il risultato della votazione in Aula. La norma è stata approvata, infatti, con una maggioranza schiacciante: 385 voti a favore e solamente due contrari.
D’ora in avanti, tutti gli atti violenti che non comportino un ricovero ospedaliero saranno considerati in Russia come passibili di semplici sanzioni amministrative. “In questo modo si depenalizza completamente la violenza e si sottrae alle vittime la loro unica possibilità di proteggersi”, ha commentato un collettivo di donne che organizzerà una manifestazione di protesta, a Mosca, il prossimo 4 febbraio. Le stesse organizzazioni femministe hanno sottolineato come in Russia muoiano ogni anno a causa delle violenze domestiche oltre diecimila donne. Mentre, secondo il Centro nazionale contro le violenze domestiche, sono 650mila quelle che vengono picchiate dai loro mariti o da altri familiari. Inoltre, secondo il Consiglio dei diritti dell’uomo del Cremlino, le statistiche ufficiali indicano che il 40 per cento dei crimini gravi commessi nel paese si consuma proprio in famiglia. Atti efferati dei quali sono vittime non solamente le donne ma anche i bambini.
Sono pochissimi, poi, i casi in cui si arriva ad una denuncia formale, e anche quando ciò accade, solamente nel tre per cento dei casi la questione arriva di fronte ad un giudice. In alcuni casi la polizia neppure interviene, come capitato nello scorso mese di novembre quando una donna è stata uccisa dalle percosse del proprio compagno a Orel, nella regione di Orlov, a circa 350 chilometri da Mosca. La vittima aveva chiamato i soccorsi, ma nessuno si era presentato, e anzi al telefono l’agente (una donna!) aveva perfino risposto sarcastica: “Non si preoccupi, se dovesse ammazzarla verremo ad indagare”.
A spingere a favore della norma è stata la Chiesa ortodossa, secondo la quale la “ratio” principale della norma sta nella necessità di evitare che i genitori possano essere processati per aver ricorso alla forza fisica “magari in modo moderato e giudizioso, e con l’obiettivo di educare i figli”. Il dibattito in Aula si è concentrato proprio su questo punto, “dimenticando” la questione delle donne. Una delle rarissime voci contrarie al progetto di legge è arrivata dal deputato comunista Yuri Sineltchikov, secondo il quale “le tradizioni russe non si basano sull’educazione delle donne a colpi di frusta, come qualcuno sostiene”.
Il testo era stato presentato una prima volta in Parlamento, nel luglio del 2016, dalla senatrice Elena Mizulina, nota per le proprie posizioni nettamente contrarie all’aborto, per la legge anti-gay e per la proposta di introdurre una tassa sui divorzi (necessaria “per preservare i valori tradizionali della famiglia” e per contrastare “i valori occidentali”). L’ultima versione è stata invece messa a punto dalla deputata Olga Batalina.
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