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Il braccio di ferro tra Casa Bianca e Congresso degli Stati Uniti, cominciato ormai più di cinque anni fa, sulla costruzione dell’oleodotto Keystone XL continua. L’ampliamento dell’oleodotto già esistente dovrebbe ridurre i tempi di trasporto del greggio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta (Canada) al Texas (Stati Uniti) per essere raffinato o mandato altrove, nel mondo.
Il braccio di ferro tra Casa Bianca e Congresso degli Stati Uniti, cominciato ormai più di cinque anni fa, sulla costruzione dell’oleodotto Keystone XL continua. L’ampliamento dell’oleodotto già esistente dovrebbe ridurre i tempi di trasporto del greggio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta (Canada) al Texas (Stati Uniti) per essere raffinato o mandato altrove, nel mondo. Una filiera giudicata insostenibile per diversi motivi.
Il 29 gennaio anche il Senato, a maggioranza repubblicana, ha approvato il progetto con 62 voti a favore e 36 contrari. Nove senatori democratici hanno votato con i repubblicani. La Camera dei rappresentati aveva già espresso il suo voto in questo senso il 9 gennaio, dopo che l’amministrazione presieduta da Barack Obama aveva annunciato che avrebbe posto il veto nel caso in cui il Congresso avesse approvato la legge. Un potere derivante dal fatto che il progetto valica i confini nazionali e per questo ha bisogno dell’approvazione presidenziale.
La legge dovrebbe arrivare sulla scrivania di Obama settimana prossima, ma sembra improbabile che né la Camera, né il Senato possano oltrepassare il veto presidenziale con una maggioranza di due terzi dei voti, quanti ne richiede la Costituzione degli Stati Uniti. Il Senato repubblicano, secondo quanto riportato dal New York Times, ha fatto sapere che in caso di veto, continuerà la battaglia su un altro campo come la legge di bilancio o una legge più ampia in tema di energia.
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