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La cura allo smog c’è, ed è politica. Occorre prendere decisioni coraggiose per ripensare totalmente le nostre città e recuperare il tempo perso. L’editoriale della presidente di Legambiente.
È stato perso fin troppo tempo, adesso bisogna rimediare ai ritardi e al lassismo di chi per anni ha preso sotto gamba il problema. Lo smog che sta paralizzando l’intera Pianura padana va sconfitto una volta per sempre mettendo in campo interventi seri, nazionali, regionali e locali, che devono diventare strutturali. I provvedimenti tampone hanno mostrato tutti i loro limiti: sono almeno vent’anni che si fronteggia l’inquinamento urbano senza successo, con targhe alterne, domeniche a piedi, blocchi del traffico. Ma in Italia si continua a morire per l’aria inquinata con oltre 60mila morti l’anno nel nostro Paese a causa dell’esposizione ad inquinamento da polveri sottili (Pm 2,5), ossidi d’azoto (NO2) e ozono (O3).
E si tratta di un problema che riguarda non solo Torino, con i suoi 70 giorni di superamento delle soglie di Pm10 e la gente barricata in casa, ma anche Palermo e tutte le altre città italiane. Per questo il protocollo antismog firmato lo scorso giugno, al fine di uniformare le strategie e gli interventi nelle regioni più colpite, va esteso a tutta la penisola.
L’assenza di piogge dovuta ai cambiamenti climatici e l’assenza di interventi efficaci da parte delle amministrazioni quest’anno hanno portato le concentrazioni di polveri sottili alle stelle, facendo registrare alle centraline di rilevamento del particolato dati allarmanti in 25 città. Da Torino, che da gennaio a oggi è arrivata a superare i 50 microgrammi per metro cubo di Pm10 per ben 70 giorni, a Pavia (66 giorni), Cremona (65), Padova (60) e Milano (59).
E le regioni che stanno pagando il prezzo più alto sono Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Proprio quelle che nei mesi scorsi avrebbero dovuto mettere mano senza aspettare un minuto di più ai piani di risanamento dell’aria, con misure specifiche e stagionali secondo le linee definite dal piano che hanno firmato con il governo.
La vera cura però, per guarire dallo smog, è tutta politica: governo, presidenti di regione e sindaci si devono rassegnare all’idea che la qualità dell’aria deve essere una priorità nelle loro agende, avendo il coraggio di prendere decisioni vere e di lungo respiro, anche impopolari e contro interessi particolari, ma per il bene della collettività. E che l’unico intervento davvero efficace è quello di ripensare totalmente le nostre città, a cominciare dalla mobilità, puntando a ridurre drasticamente le auto in circolazione in favore di un sistema di trasporto pubblico moderno ed efficiente, al riscaldamento negli edifici pubblici e privati, attuando controlli e verifiche sulla qualità degli impianti e sulle trasgressioni alle norme che ne regolano l’uso. Ma fondamentale è anche la creazione di nuove aree alberate, di verde urbano non solo a terra, ma anche sui tetti dei palazzi. Palazzi che vanno riqualificati per ridurre i consumi energetici e quindi le emissioni inquinanti.
Gli esempi positivi da cui trarre spunto non mancano. Alcune buone pratiche, tutte in Europa, le abbiamo indicate nel nostro dossier “L’emergenza smog e le azioni (poche) in campo”: in Inghilterra, dove è stata annunciata la fine delle vendite del diesel nel 2040, è stato investito un miliardo di sterline per la mobilità elettrica e sono state realizzate 27 zone a pedaggio nelle aree urbane di tutto il Regno Unito, con aumento di 10 sterline per i veicoli più inquinanti per finanziare il retrofitting dei bus e delle auto pubbliche. La compagnia dei taxi di Londra, rilevata da una società cinese, ha già pianificato l’elettrificazione di tutti i taxi nei prossimi due anni. Nel frattempo, la Scozia ha deciso di anticipare il divieto di vendita dei motori a combustione interna al 2023. Il comune di Parigi, invece, sta attuando un coraggioso piano di riorganizzazione dei trasporti e di ridisegno dello spazio pubblico con lo scopo di dimezzare la superficie pubblica occupata dagli autoveicoli e della carreggiate stradali. L’obiettivo è quello di dimezzare il numero delle automobili e vietare progressivamente quelle più inquinanti entro il 2025. Insomma, occorre recuperare il tempo perso e va fatto con decisione.
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