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La catena di caffetterie, a dispetto del provvedimento del neo presidente di bloccare temporaneamente gli arrivi da sette paesi a maggioranza islamica, ha annunciato l’assunzione di 10mila rifugiati entro i prossimi cinque anni.
Lo scorso 27 gennaio il neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che blocca l’ingresso su territorio americano ai cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana, Iraq, Siria, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. Il provvedimento, noto come Muslim ban, ha (ovviamente) scatenato proteste e accese polemiche ed è stato definito “illegale e meschino” dall’alto commissario del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, Zeid al-Hussein.
La decisione non ha suscitato solo lo sdegno dei cittadini e delle organizzazioni umanitarie, anche alcune imprese non hanno gradito il provvedimento. Tra queste Starbucks, la catena statunitense di caffetterie diffusa in buona parte del globo. Per prendere le distanze dal Muslim ban, Howard Schultz, amministratore delegato di Starbucks, ha annunciato l’intenzione di assumere 10mila rifugiati entro cinque anni. “Ci sono oltre 65 milioni di cittadini nel mondo riconosciuti come rifugiati dalle Nazioni Unite – si legge nella lettera scritta da Schultz ai dipendenti – stiamo definendo piani per assumerne 10mila nei prossimi cinque anni nei 75 paesi dove è presente Starbucks. Inizieremo qui, negli Stati Uniti, concentrandoci inizialmente su quegli individui che hanno servito le truppe Usa come interpreti e personale di supporto nei diversi paesi dove il nostro esercito ha chiesto sostegno”.
Schultz si dichiara estremamente preoccupato per i diritti umani minati dalle iniziative politiche del presidente Trump. “Vi scrivo oggi con grande preoccupazione, il cuore pesante e una ferma promessa: noi non rimarremo a guardare, non rimarremo in silenzio mentre l’incertezza sulle iniziative della nuova amministrazione cresce ogni giorno che passa”.
Non solo Starbucks, altre grandi società statunitensi hanno condannato il provvedimento contro i migranti e intrapreso iniziative per aiutarli. Google avrebbe stanziato un fondo da quattro milioni di dollari per i rifugiati. Il denaro sarà devoluto a quattro organizzazioni: l’American Civil Liberties Union (Aclu), l’Immigrant Legal Resource Center, l’International Rescue Committee e l’Unhcr. “In quanto immigrato e amministratore delegato, ho sia sperimentato in prima persona, che visto l’impatto positivo che l’immigrazione ha sulla nostra società e sul mondo intero”, ha dichiarato Satya Nadella, ceo di Microsoft, indiano naturalizzato statunitense. Airbnb, il portale dedicato agli affitti brevi, ha affermato che metterà a disposizione alloggi a titolo gratuito per aiutare le persone che non sono riuscite a rientrare negli Stati Uniti a causa del bando. Il provvedimento di Trump, retrogrado e ingiustificato, è comunque riuscito a mostrare la faccia migliore degli Stati Uniti, una nazione letteralmente fondata da immigrati, e fiera di esserlo.
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