Stati Uniti. 750mila morti in 20 anni, ma una legge contro le armi è un miraggio

Nel 2023 ci sono già state 130 sparatorie di massa negli Stati Uniti, con decine di morti. I dati sono in peggioramento ma una riforma sul tema è lontana.

  • La cultura degli Stati Uniti per le armi nasce con il Secondo emendamento del 1791, ribadito in più occasioni dalla Corte Suprema.
  • I numeri di morti per armi da fuoco negli Usa sembrano quelli di una guerra: 750mila tra il 2001 e il 2021, il triplo dell’Afghanistan.
  • Nel 2022 il Congresso ha approvato una legge per il controllo sulle armi, ma a livello statale si moltiplicano le leggi in direzione opposta.

Il 27 marzo scorso a Nashville, negli Stati Uniti, Audrey Elizabeth Hale è entrato in una scuola elementare e ha aperto il fuoco. Aveva con sé due fucili e una pistola e ha ucciso sei persone, di cui tre bambini, prima di essere ucciso a sua volta dalla polizia. Hale deteneva legalmente quelle armi e questa storia ha riacceso il dibattito sul tema negli Stati Uniti.

Memoriale Stati Uniti
Memoriale per una strage con armi da fuoco a Monterey Park, negli Stati Uniti © Mario Tama/Getty Images

Il secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti stabilisce che “essendo necessaria alla sicurezza di uno stato libero una milizia ben organizzata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere infranto”. Un principio di difesa individuale e giustizia privata che nei decenni si è portato dietro una striscia di sangue nel paese che non accenna a interrompersi. L’influenza della lobby delle armi sul parlamento e la connivenza del Partito repubblicano hanno mantenuto intatto il diritto degli americani ad armarsi, per quanto si sia riusciti a introdurre alcune nuove limitazioni e controlli in tempi recenti. E dopo la strage di Nashville il presidente Joe Biden ha fatto un nuovo appello disperato al Congresso perché approvi una nuova legge sulle armi di assalto. Una riforma, però, è molto lontana.

La diffusione delle armi negli Stati Uniti

La corsa legalizzata alle armi negli Stati Uniti è iniziata più o meno nel 1791, data dell’approvazione del secondo emendamento. E con il passare dei decenni e dei secoli per il popolo americano il possesso di un’arma è divenuto sempre più un fattore culturale, prima che di sicurezza. La normalità, a cui si è abituati e a cui per questo non si è disposti a rinunciare, sancita anche dalla Corte suprema. L’ultima volta nel 2008.

I privati cittadini statunitensi comprano le armi nelle armerie, nei grandi centri commerciali, online e nelle fiere di settore. Se a livello statale c’è il secondo emendamento a garantire il diritto di armarsi, a livello federale alcune leggi pongono limitazioni sull’età a cui è possibile farlo: il possesso è generalmente vietato per i minorenni, ma stati come il Vermont hanno abbassato il limite a 16 anni.

protesta negli Stati Uniti
Protesta contro le armi da fuoco a New York dopo l’ennesima strage negli Stati Uniti © Stephanie Keith/Bloomberg via Getty Images

Quando si acquista un’arma in un negozio statunitense bisogna compilare un modulo di autovalutazione sulla propria salute mentale, oltre che su eventuali precedenti penali e altre informazioni anagrafiche. Nel giro di pochi giorni arriva la risposta dell’Fbi, la polizia federale, che nel 99 per cento dei casi è positiva.

Secondo Small arms survey, un istituto di studi internazionali di Ginevra, oggi negli Stati Uniti si contano 393,3 milioni di armi a fronte di 330 milioni di abitanti. Secondo dati pubblicati dal quotidiano New York Times, ogni mese nel paese vengono acquistate fino a 300-350mila armi e il trend è in vertiginoso aumento. Il risultato è che un paese che ha il 5 per cento della popolazione mondiale rappresenta il 40 per cento delle armi in mano a civili.

Le stragi causate dal possesso e dall’uso di armi

I sette morti, di cui tre bambini, della strage di Nashville dovrebbero far rumore in un paese che viene raccontato come la “democrazia più grande del mondo”. In realtà appartengono a una triste quotidianità di morti da armi da fuoco negli Stati Uniti.

Nei primi tre mesi del 2023 Gun violence archive, un’associazione no profit che raccoglie dati sulla violenza legata alle armi da fuoco negli Stati Uniti, ha raccolto già 130 casi di “mass shootings” nel paese – termine con cui si indica un episodio con almeno quattro tra morti e feriti correlati all’utilizzo di armi, escluso gli attentatori. Le stragi sono state 13 e quella nella scuola elementare di Nashville che ha sconvolto il paese in questi ultimi giorni non è stata nemmeno la più grave in termini di bilancio. Il 21 gennaio un uomo ha aperto il fuoco in un edificio a Monterey Park, in California, uccidendo 11 persone e ferendone 9, prima di togliersi la vita. Il 4 gennaio invece 8 persone sono state trovate morte in una casa a Enoch, nello Utah, uccise da uno dei familiari con armi da fuoco. Altre 7 persone sono state uccise con armi il 24 gennaio a Half Bay Moon, in California, e in generale sommando i bilanci delle 130 sparatorie di massa avvenuto nel 2023 si arriva a un computo totale di 193 morti e altre centinaia di feriti.

memoriale, Stati Uniti
Il memoriale per una strage con armi da fuoco a Buffalo, negli Stati Uniti © Spencer Platt/Getty Images

L’anno scorso Gun violence archive ha contato 647 episodi, di cui ben 21 con cinque o più vittime. I numeri poi si impennano ulteriormente se si conteggiano tutti i morti per arma da fuoco negli Stati Uniti, compresi quelli che non ricadono nella categoria dei “mass shootings” e quelli di chi è stato ucciso dalla polizia: quest’anno siamo già intorno ai 10mila e l’anno scorso si è chiuso con oltre 20mila. Andando ancora più indietro e tornando a focalizzarsi sulle stragi, i dati del 2019 parlano di 417, quelli del 2018 di 336, segno che la situazione è in costante peggioramento per quanto riguarda gli episodi come quelli di Nashville. 

Ormai le morti per arma da fuoco hanno di gran lunga superato quelle per incidenti stradali nella popolazione più giovane, ma i numeri della strage perenne diventano ancora più sconvolgenti se paragonati ai contesti bellici. In venti anni di guerra in Afghanistan, tra il 2001 e il 2021, ci sono stati circa 170mila morti. Nello stesso periodo, negli Stati Uniti le persone morte per arma da fuoco sono state 750mila. Un paragone che rende bene l’idea della criticità della situazione nel paese, che senza rendersene conto si trova in un contesto bellico.

Le scuole nel mirino

Una delle caratteristiche più tragiche delle sparatorie di massa negli Stati Uniti, è che spesso avvengono nelle scuole. L’episodio di Nashville del 27 marzo non è dunque un’eccezione, ma una regola che va avanti da decenni e che ha motivazioni psicologiche e di sicurezza ben precise. 

Dal 1999 a oggi ci sono stati 15 attacchi armati alle scuole americane che rientrano nella categoria dei “mass shootings”, per un totale di 175 vittime. La data del 1999 non è casuale, perché quell’anno gli Stati Uniti sono stati testimoni di una delle stragi più terribili nella storia del paese, quella della scuola di Columbine. Il 20 aprile 1999 Eric Harris e Dylan Klebold, 17 anni, assaltarono con bombe e armi da fuoco l’istituto superiore di Littleton, in Colorado, uccidendo 13 persone (di cui 12 studenti) e ferendone 24. Poi si suicidarono. Negli anni si è scavato molto a fondo di quella storia, stabilendo che un’infanzia di bullismo ricevuto dagli stragisti e di problemi psichici li abbia condotti a organizzare il massacro come forma di vendetta sociale. La storia di Columbine è entrata anche nella cultura popolare, il documentario Bowling a Columbine del regista Michael Moore sull’argomento ha vinto il premio Oscar nel 2002, mentre il film Elephant del regista Gus Van Sant si è aggiudicato il Leone d’oro a Cannes.

Sembrava che il peggio potesse essere passato, ma negli anni successivi nuove stragi hanno spezzato decine di vite nelle scuole americane, da Virginia Tech nel 2007 alla Sandy Hook Elementary School nel 2012, passando per la Marjory Stoneman Douglas High School nel 2018. L’anno scorso è toccato alla Robb Elementary School di Uvalde, dove il diciottenne Salvador Ramos ha aperto il fuoco uccidendo 21 persone, tra cui 19 piccoli studenti, in quella che è stata la peggiore strage in una scuola nella storia del Texas.

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Il memoriale per la strage di Uvalde, una delle peggiori in una scuola negli Stati © Uniti Brandon Bell/Getty Images

Finora si è parlato delle sparatorie di massa nelle scuole, ma se si inseriscono nel conteggio anche gli incidenti con armi da fuoco, si comprende ancora meglio la drammaticità della situazione. Nel 2022 ci sono stati circa 300 episodi, in impennata rispetto ai 250 del 2021 e ai 114 del 2020 (complice la pandemia Covid-19). Dalla strage di Columbine del 1999 a oggi, 348mila studenti americani si sono ritrovati a fare i conti con un’esperienza di violenza armata a scuola.

Ma perché proprio le scuole? Tra le motivazioni principali c’è il fatto che spesso a sparare sono studenti o ex studenti degli istituti, che dunque conoscono bene l’ambiente e inoltre gli attribuiscono un valore simbolico. Dietro alle stragi emergono nella maggior parte dei casi storie di bullismo ed esclusione vissute dagli attentatori, che decidono così di colpire un luogo di sofferenza per il loro trascorso. C’è anche un tema di sicurezza dietro alle tante sparatorie negli Stati Uniti: portare armi in un istituto è relativamente facile e non è un caso che dopo ogni tragedia si torni a parlare dell’assenza di controlli in strutture che è ormai appurato siano a rischio. Ma il problema di fondo è sempre lo stesso: l’accesso troppo facile alle armi da parte dei giovani ragazzi americani, che hanno poi nella scuola una delle proprie istituzioni di riferimento. E una valvola di sfogo.

Tentativi di riforma

Per quanto il diritto a possedere armi sia ormai ben radicato nella cultura statunitense, negli ultimi tempi qualcosa sta cambiando in termini di opinioni. Secondo gli ultimi sondaggi, la maggioranza degli americani, il 57 per cento, è favorevole a controlli più stringenti sulla vendita e il possesso di armi. E qualcosa a livello politico è stato recepito.

Nel giugno scorso è entrata in vigore il Bipartisan safer communities act, sponsorizzata sia dal Partito democratico che da quello repubblicano e considerata la legge statunitense sul controllo delle armi più importante del nuovo secolo. La legge ha inasprito i controlli sulla vendita di armi agli under 21, vietando peraltro l’acquisto a chi ha commesso crimini prima del compimento della maggiore età. Inoltre ha previsto finanziamenti per gli Stati per implementare normative “red flag”, che consistono nel togliere le armi a chi costituisce una minaccia. E poi altre risorse per programmi di sicurezza scolastica e la salute mentale. Un compromesso al ribasso, che è stato salutato come un primo passo per cambiare lo stato delle cose nel paese, ma che da contraltare ha dovuto fare i conti con un’offensiva repubblicana a livello statale che ha addirittura allargato le maglie per la compravendita di armi.

Negli ultimi tempi in effetti in stati come Kentucky, Ohio, Tennessee, Nebraska, Texas, Virginia, teatri peraltro di alcune delle più gravi stragi da arma da fuoco recenti, sono state approvate leggi che hanno espanso il diritto a possedere armi per i cittadini. In Texas per esempio è stato dato il via libera ad andare in giro con le armi senza alcun permesso appresso. In Ohio un provvedimento ha autorizzato insegnanti e il resto del personale a stare armati a scuola. Il Tennessee ha invece tolto una serie di controlli a cui doveva essere sottoposto chi comprava un’arma se più giovane di 21 anni. Oltre a questo, nella gran parte degli stati non sono state recepite prescrizioni contenute nella legge federale del 2022, come quella del “red flag”. E negli ultimi giorni il presidente Joe Biden, a margine della strage di Nashville, ha detto di non avere più margine d’azione per arrivare a una riforma sulle armi e ha invocato un intervento del Congresso per vietare le armi d’assalto.

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Protesta contro le armi da fuoco a New York dopo l’ennesima strage negli Stati Uniti © YUKI IWAMURA/AFP via Getty Images

Un cambiamento radicale sarà però difficile nel breve periodo a causa, anche, della lobby delle armi. La National rifle association (Nra), la principale lobby delle armi negli Stati Uniti, da quasi un secolo e mezzo si muove in favore dei detentori e produttori di armi da fuoco. Nel tempo fiumi di denaro sono passati dall’associazione alle tasche dei politici americani sotto forma dei Pac (Political action commitee), finanziamenti per la realizzazione di opere o per il sostegno a specifiche campagne. Per esempio, la Nra ha investito ben 30 milioni di dollari nella campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016, che non a caso è stato poi uno dei presidenti che più ha promosso le armi nel paese.

Oggi l’associazione ha perso un po’ di potere a causa di lotte intestine e di scandali che hanno coinvolto i suoi dirigenti, ma la capacità di influenzare la politica e i suoi legami personali ed economici con gli esponenti istituzionali, soprattutto repubblicani, restano forti. Finché sarà così, una riforma negli Stati Uniti che ponga realmente un limite alla vendita e al possesso di armi resterà un miraggio. E il paese sarà condannato a restare in quella che numericamente è in tutto e per tutto una guerra.

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