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In risposta all’attacco chimico di Khan Sheikhoun, Donald Trump ha ordinato il bombardamento della base aerea della Siria di Shayrat.
Le indiscrezioni trapelate nella giornata sulla stampa americana erano corrette: gli Stati Uniti hanno reagito all’attacco chimico effettuato il 4 aprile sulla città di Khan Sheikhoun, in Siria. Le forze navali della Us Navy, dislocate nel Mediterraneo, hanno lanciato attorno alle 2:30 ora italiana un totale di 59 missili Tomahawk. Obiettivo: la base aeronautica di Shayrat, dalla quale sarebbero partiti i caccia che hanno effettuato il raid, provocando la dispersione di gas tossici e la morte di oltre 70 persone.
“Ho ordinato un’azione militare sulla base aerea dalla quale è stato lanciato l’attacco chimico”, ha annunciato il presidente americano Donald Trump. Mentre la Russia aveva parlato infatti di una falsa notizia, in riferimento all’attacco chimico, scagionando così il governo siriano di Bashar al-Assad, gli Stati Uniti hanno ritenuto quest’ultimo l’unico responsabile della carneficina. Washington ha anche stigmatizzato quanto accaduto a Khan Sheikhoun, parlando di “vite di uomini, donne e bambini inermi strappate via” e spiegando che il bombardamento navale “è stato effettuato in quanto di interesse vitale per la sicurezza della nostra nazione”. Secondo Damasco i gas sarebbero stati invece nelle mani dei ribelli, nella provincia di Idlib: una bomba avrebbe colpito un deposito e sarebbe questa la ragione della strage.
L’opposizione siriana ha accolto con soddisfazione l’attacco statunitense, sostenuto anche dal Regno Unito, da Israele e dalla Turchia di Erdogan. Vladimir Putin, al contrario, ha parlato di “aggressione ad uno stato sovrano”, che “renderà ancor più complesse le già difficili relazioni tra i nostri paesi”. Poco prima, un dirigente russo citato dall’agenzia ufficiale di Mosca Ria Novosti ha fatto sapere che il Cremlino chiederà una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, “dal momento che questo attacco rappresenta un atto deliberato contro una nazione che fa parte dell’Onu”.
L’Osservatorio siriano per i Diritti dell’uomo ha fatto sapere di aver avuto la conferma della morte di quattro soldati siriani, “tra i quali figura un generale dell’aeronautica”. Altre fonti parlano di sei militari uccisi. La base aerea sarebbe quasi completamente distrutta: “L’aeroporto non esiste sostanzialmente più. Gli edifici e il deposito di carburante sono stati polverizzati”, ha indicato Rami Abdel Rahmane, direttore dell’Osservatorio. La struttura è considerata una delle più importanti per le forze aeree di Damasco, nella quale stazionano apparecchi Sukhoi-22, Sukhoi-24 e Mig-23; tuttavia, molti di essi sarebbero stati evacuati in previsione dell’attacco.
Il governatore di Homs, la provincia della Siria nella quale è situata la base, ha confermato la morte di alcuni soldati, definendoli “martiti”. L’agenzia di stampa ufficiale Sana ha allo stesso modo parlato di “aggressione americana che segue una campagna mediativa denigratoria in merito a ciò che è accaduto a Khan Sheikhoun”.
Intanto, all’interno degli Stati Uniti le prime reazioni da parte del mondo politico alla decisione di Donald Trump di ordinare l’attacco sono apparse pressoché unanimi: i parlamentari americani sostengono con convinzione la scelta. “Si tratta di un’azione appropriata e giusta”, ha dichiarato il presidente repubblicano della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, ricordando che “questi bombardamenti dimostrano al regime di Assad che non può più contare sull’inazione americana di fronte alle atrocità commesse ai danni del popolo siriano”. Mentre il capogruppo dei democratici al Senato, Chuck Schumer ha dichiarato che “far pagare ad Assad il prezzo delle azioni criminali è una buona cosa”, benché abbia aggiunto: “L’amministrazione Trump deve in ogni caso scegliere una strategia e consultare il Congresso prima di applicarla”.
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