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Una storia di speranza, quella di Osho Kalia, che ha rinunciato alla carriera per inseguire il sogno di un’India libera dalla plastica.
Dopo aver visto Plastic cow, un cortometraggio che racconta il devastante impatto delle buste di plastica in India, in particolare sulle mucche che se ne riempiono lo stomaco fino a morire tra atroci sofferenze, la vita di Osho Kalia, 32 anni, è cambiata per sempre. Vedere le immagini dei 50 chili di plastica che venivano estratti dalla pancia di un animale, che giaceva a terra avvelenato, lo ha scosso irrimediabilmente, e gli ha aperto gli occhi.
Turbato da quanto visto, Kalia vuole capire se davvero le mucche, ritenute sacre in India, stanno morendo a causa del consumo di plastica. Visita quindi una stalla nella sua zona e i proprietari gli confermano che ogni mese due-tre mucche vengono ricoverate per intossicazioni da plastica. I bovini, diffusi per le strade indiane tanto quanto i rifiuti, vagano in cerca di resti di cibo ingurgitando qualsiasi cosa ne abbia l’odore, plastica compresa.
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Kalia decide di lasciare un lavoro stabile e ben retribuito presso il colosso dell’informatica Ibm, per entrare nel settore sociale e provare a fermare la piaga della plastica. Con il supporto delle autorità della città di Gurgaon, Kalia, per disincentivare l’uso di buste di plastica, inizia a confezionare sacchetti di stoffa e a metterli a disposizione dei negozianti e dei consumatori dell’area, spiegando loro i benefici di questa alternativa ecologica.
Nel 2017 fonda, insieme ad altre persone, la Geeli Mitti Foundation, istituita per insegnare alle comunità locali ad autosostenersi tramite pratiche di vita sostenibili, al fine di attuare concreti cambiamenti sociali. Una delle prime campagne della Geeli Mitti Foundation si chiamava No al politene, sì alle borse di stoffa e mirava a contrastare l’uso delle buste di plastica. Non solo, Kalia decide di coinvolgere i prigionieri del penitenziario di Gurugram per ampliare la propria produzione e offrire un’alternativa reale alla plastica e un impiego ai 2.200 detenuti.
Nel carcere di Gurgaon viene allestita un’area attrezzata per la produzione di sacchetti di stoffa dotata di cinquanta macchine da cucire. Dopo aver trovato un insegnante che potesse formare i detenuti, un sarto locale, Kalia, uomo intraprendente e dalle mille risorse, inizia a pensare come ottenere la stoffa in modo sostenibile. Decide quindi, con il supporto della locale Croce Rossa, di chiedere a tutte le aziende tessili della città di donare il tessuto extra che altrimenti getterebbero. “Nel processo di produzione spesso una grande quantità di tessuto in eccesso non è di alcuna utilità per l’azienda – ha spiegato l’uomo. – Volevamo che le aziende si facessero avanti e donassero questo tessuto piuttosto che sprecarlo. Non volevamo che questo progetto prendesse il volo e si fermasse improvvisamente a causa della mancanza di tessuto”.
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Il progetto nel carcere di Gurgaon è stato bloccato a causa di cambiamenti nell’amministrazione carceraria, ma la rivoluzione avviata da Osho Kalia è ormai inarrestabile. Il progetto è stato infatti replicato nel carcere di Faridabad e nei villaggi di villaggi dil Kashmir, Ghaziabad, Ranchi, Jharkhand, Gurgaon, Nainital e Bhopal. Oltre ai detenuti vengono ora impiegate anche le donne in diverse parti del Paese, offrendo loro la possibilità di emanciparsi economicamente e di contribuire al reddito familiare.
“Il bello è che quello che era iniziato come un progetto personale, si è trasformato in un ampio movimento per frenare l’inquinamento causato dalla plastica – ha affermato Kalia. – Non solo offre ai consumatori un’alternativa alla plastica, ma crea anche opportunità di reddito per donne e detenuti”. La storia di Kalia, che abbiamo raccontato in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, dedicata quest’anno alla lotta all’inquinamento da plastica, ci ricorda, ancora una volta, che ognuno di noi può essere un tassello decisivo nella creazione di un mondo migliore, tenendo sempre a mente la massima di Robert Swan, “la più grande minaccia per il nostro pianeta è la convinzione che qualcun altro lo salverà”.
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