L’Italia ha una strategia forestale nazionale per i prossimi 20 anni. E tutti dovremmo conoscerla

Per la prima volta l’Italia ha un documento che delinea obiettivi, azioni e priorità nella gestione delle foreste: è la strategia forestale nazionale.

  • Il 10 febbraio 2022 è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la strategia forestale nazionale.
  • Il documento espone le linee guida unitarie sulla gestione delle foreste italiane per i prossimi vent’anni, cercando di superare l’attuale frammentazione amministrativa.
  • A redigerla è stato un ampio gruppo di lavoro composto da esponenti delle istituzioni, degli enti locali e del mondo scientifico.
  • Le foreste hanno una funzione ecologica, sociale ed economica. L’intento è quello di trovare un equilibrio tra queste tre dimensioni.

Dal 10 febbraio 2022, giorno in cui è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale, l’Italia ha una strategia forestale nazionale. Cioè un documento che mette nero su bianco come andranno gestite le foreste italiane per i prossimi vent’anni. Si tratta di un’assoluta novità. Nonostante il 36,7 per cento del territorio italiano sia coperto da foreste (per la precisione, da 9 milioni di ettari di foreste e quasi 2 milioni di ettari di altre terre boscate) e nonostante la loro estensione sia aumentata in modo pressoché costante nell’ultimo secolo, finora è sempre mancato un piano univoco e condiviso. Ciò significa che questo prezioso patrimonio collettivo è stato gestito in modo frammentato e, quindi, inevitabilmente lacunoso. In un certo senso, con la strategia forestale nazionale si riparte da zero. Con una visione chiara dei prossimi due decenni, declinata in obiettivi da aggiornare a cadenza regolare. Per interpretarla abbiamo chiesto l’aiuto degli esperti della Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale (Sisef).

strategia forestale nazionale
Le foreste hanno una funzione ecologica, sociale ed economica. La strategia forestale nazionale serve proprio per stabilire un equilibrio tra queste diverse esigenze © Giorgia Iannello/Unsplash

Com’è nata la strategia forestale nazionale

Scrivere la strategia forestale nazionale era un obbligo di legge che scaturisce dalla strategia forestale dell’Unione europea del 20 settembre 2013 e dal Testo unico forestale italiano (decreto legislativo 34 del 3 aprile 2018). Non si può dire che non sia stata un’opera collettiva. È proprio il Testo unico forestale a mettere bene in chiaro che deve essere l’esito di un accordo fra i quattro ministeri competenti (Politiche agricole, alimentari e forestali, Cultura, Transizione ecologica e Sviluppo economico) e dev’essere approvata dalla Conferenza stato-regioni. A redigerla è stato un gruppo di lavoro variegato, presieduto da Alessandra Stefani della Direzione generale dell’economia montana e delle foreste (Difor), coordinato dal professor Davide Pettenella dell’università di Padova e supportato anche dal Centro Politiche e bioeconomia del Consiglio per la ricerca in agraria e l’analisi dell’economia agraria (Crea) e dalla Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale (Sisef).

Superare la frammentazione amministrativa

Proprio questo dialogo tra più voci è la prima buona notizia. “Magari ci sono stati punti di vista diversi su singoli aspetti, ma sono stati tutti concordi nel dire che la strategia forestale è esattamente quello che ci serve”, spiega a LifeGate Marco Marchetti, docente di Pianificazione e gestione forestale all’università del Molise e membro della segreteria scientifica. Si è dimostrata coesa la comunità scientifica, e si sono dimostrati coesi anche i tecnici e i decisori politici. Il che – sottolinea Marchetti – è tutt’altro che banale.

Una delle principali difficoltà vissute finora, spiega, sta proprio nel fatto che la Costituzione affidi la competenza primaria sulla gestione delle foreste alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano. “Cos’abbiamo ottenuto? 21 velocità diverse e 21 politiche diverse. Tutto questo con sovrapposizioni a livello centrale, come dimostra il fatto che ci siano ben quattro ministeri coinvolti”, ribadisce Marchetti. La strategia forestale nazionale accende i riflettori sui grossi limiti legati a questa frammentazione. E la Conferenza stato-regioni, nell’approvarla, ne prende atto.

Dagli obiettivi generali alle azioni

Per restare in tema, potremmo immaginarci la strategia forestale come un albero. L’analisi dello scenario e delle normative corrisponde alle radici che danno linfa al tronco, costituito dalle priorità su cui concentrarsi. Il fusto si ramifica in tre, perché tre sono gli obiettivi generali:

  • gestione sostenibile e ruolo multifunzionale delle foreste;
  • efficienza nell’impiego delle risorse forestali per uno sviluppo sostenibile delle economie nelle aree rurali, interne e urbane del paese;
  • responsabilità e conoscenza globale delle foreste.

Ogni obiettivo ha i suoi rami, cioè le azioni operative, strumentali e specifiche. Ciascuna azione è calata nel concreto precisando quali sono gli interventi puntuali, chi deve farsene carico, come vanno finanziati e quali sono i risultati attesi. L’orizzonte è ventennale, ma in singoli target vanno aggiornati ogni cinque anni, anche per restare sempre alla pari con ciò che viene deliberato a livello europeo.

Il futuro che vogliamo nella strategia forestale nazionale

Il professor Marco Marchetti ci invita a leggere con molta attenzione la premessa. Perché, prima ancora di scendere nei dettagli tecnici, ci spiega in modo cristallino qual è la missione per cui lavorare in questi vent’anni.

La strategia forestale nazionale è uno strumento adottato a beneficio del patrimonio forestale italiano, nell’interesse collettivo.

La sua missione sarà di portare il paese ad avere foreste estese e resilienti, ricche di biodiversità, capaci di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, offrendo benefici ecologici, sociali ed economici per le comunità rurali e montane, per i cittadini di oggi e per le prossime generazioni.

Estese e resilienti: due aggettivi che, in questo momento storico, vogliono dire tantissimo. “A causa della crisi climatica, gli schianti da vento, gli incendi incontrollabili, gli attacchi parassitari, l’erosione, le alluvioni e – al sud – la desertificazione hanno acquisito una magnitudo che noi italiani non conoscevamo”, sottolinea il professor Marchetti. In parallelo alla crisi climatica c’è quella della biodiversità, paradossalmente meno nota al grande pubblico, sebbene la sesta estinzione di massa sia già in corso.

Immagine degli schianti causati da Vaia
Una ripresa dall’alto degli schianti causati da Vaia © Fsc Italia

Queste righe ci ricordano inoltre che, oltre alla già citata funzione ambientale, le foreste hanno una funzione sociale, legata al turismo e alla cultura del territorio; e una funzione economica, per la produzione di legname. Trovare il giusto equilibrio tra queste esigenze è nell’interesse di tutti. “Le comunità rurali e montane sono state abbandonate e questo va raccontato ai cittadini, sempre più disconnessi dai cicli della natura e delle stagioni. Il grande pubblico sente la necessità impellente di riavvicinarsi alla natura, ma alla sensibilità spesso non corrisponde un’adeguata consapevolezza”, continua Marchetti. “Infine c’è il criterio intergenerazionale. Le foreste hanno cicli molto più lunghi rispetto a quelli della politica. Per questo, alcune scelte di lungo termine possono essere difficili da accettare”.

La strategia forestale nazionale incentiverà la tutela e l’uso consapevole e responsabile delle risorse naturali, con il coinvolgimento di tutti, in azioni orientate dai criteri della sostenibilità, della collaborazione e dell’unità di azione.

“La strategia forestale parla di consapevolezza e responsabilità, dimensioni che sono sempre mancate nel nostro paese. L’agroalimentare e l’arredamento sono il nostro fiore all’occhiello, ma quello che facciamo è trasformare materie prime comprate altrove: la carne in Amazzonia, il legno in Camerun e Congo. La strategia ci dice che la nostra responsabilità ambientale va declinata anche valorizzando le risorse in modo sostenibile”, continua Marchetti. “Questo è il messaggio primario. Di sicuro è un bel segnale il fatto di averlo raggiunto dopo una immensa consultazione pubblica e con un grande accordo tra governo, enti locali e comunità scientifica”.

Gli incendi vanno prevenuti, non basta spegnerli

Se c’è un momento dell’anno in cui i boschi italiani – loro malgrado – finiscono sulle prime pagine dei giornali, è l’estate. La stagione degli incendi, spesso dolosi, resi ancora più pericolosi dalle ondate di caldo e siccità dovute al riscaldamento globale. Gli incendi sono l’unico argomento di cui la strategia nazionale parla sia nella premessa generale, sia nelle azioni operative (A5 – Risorse forestali danneggiate e prevenzione dei rischi naturali e antropici) e in quelle specifiche (2 – Coordinamento lotta e prevenzione incendi boschivi). Riconoscendo così che sono una minaccia per gli ecosistemi. E che combatterli non significa soltanto mobilitare i canadair dei Vigili del fuoco, perché le azioni di contrasto devono iniziare molto prima.

incendi nella strategia forestale nazionale
La strategia forestale nazionale si occupa anche di incendi © Camillo Ferrari/Wikimedia Commons

“Gli incendi sono uno dei pochi disturbi naturali sui quali possiamo fare qualcosa di strategico”, ci spiega Davide Ascoli, ricercatore presso l’università di Torino e coordinatore del gruppo di Sisef dedicato a questo tema. “Una tempesta come Vaia non possiamo evitarla; al più, possiamo lavorare sulla resilienza delle nostre foreste. Sugli incendi invece possiamo fare molto”. Di per sé è un passo avanti anche il fatto che la strategia forestale nazionale parli di “coordinamento”, proponendo di affidarne la regia al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. E superando così le sovrapposizioni tra ministeri, regioni e Protezione civile.

Questa è una richiesta che è arrivata dalla scienza ed è stata accolta. “Come ricercatore, porterò negli anni questo esempio di quanto la scienza possa influire sulla politica”, afferma Davide Ascoli. “Un altro tema science-based è quello di far convergere la prevenzione degli incendi con le politiche agricole, pastorali e ambientali. Lavorare sugli incendi ha ricadute positive su tutti, e tutti possono fare la loro parte”. L’esempio portato da Ascoli è quello del rewilding, cioè una politica di conservazione che lascia che la natura si riprenda i suoi spazi. L’obiettivo è quello di favorire la biodiversità, ma il rischio è quello di creare terreno fertile per le fiamme. Come si supera lo stallo? Ancora una volta, lavorando insieme. “Una gestione oculata del territorio permette sia di creare diversità di paesaggio, sia di abbassare il pericolo di incendi”.

Aspromonte
Una delle arre più colpite dagli incendi in Calabria è quella del Parco nazionale dell’Aspromonte, che rischia di perdere le sue foreste vetuste. © Pixabay

Un nodo cruciale: la raccolta dei dati

La ricerca scientifica, così preziosa per il futuro delle nostre foreste, si nutre di dati. Gli stessi dati che orientano le decisioni politiche. Questo in Italia è un tasto dolente. L’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha smesso di pubblicare gli annuari forestali un decennio fa, puntualizza Marchetti. Anche in materia di incendi manca un sistema efficiente di raccolta e trasferimento dei dati. Su questo tema la strategia forestale nazionale interviene con l’azione strumentale A1 (“monitoraggio delle variabili socioeconomiche e ambientali, coordinamento e diffusione delle informazioni e dei dati statistici”) e la sotto-azione specifica 2.4 che si focalizza sulle statistiche e sul catasto incendi. Numeri e analisi che dovranno essere comunicate in modo trasparente, secondo le logiche dell’open access.

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