Di cosa si è discusso a Parigi, al summit internazionale sulla finanza climatica

Si chiude il summit sulla finanza climatica di Parigi. Tanti i temi all’ordine del giorno, ma ancora poche le decisioni concrete.

  • Si è tenuto a Parigi il 22 e il 23 giugno il summit internazionale sulla finanza climatica, voluto dal presidente francese Emmanuel Macron.
  • L’appuntamento ha riportato al centro dell’attenzione l’esigenza di mobilitare migliaia di miliardi a sostegno delle nazioni più vulnerabili.
  • Si è discusso di tanti temi, ma spesso senza giungere a misure concrete e immediate.

Al sistema finanziario globale non basta una riforma. Serve una “trasformazione assoluta” per permettere ai paesi in via di sviluppo di emergere dalla povertà, e di farlo riducendo le emissioni di gas serra e salvaguardandosi dall’impatto della crisi climatica in corso. Questa trasformazione è necessaria perché “il mondo sapeva fin dagli anni Ottanta che stavamo affrontando un riscaldamento del clima, ma abbiamo scelto di non prestare attenzione ai consigli degli scienziati”. Con queste parole Mia Mottley, prima ministra di Barbados, ha aperto il summit internazionale dedicato alla finanza climatica, voluto dal presidente francese Emmanuel Macron, che si è tenuto a Parigi il 22 e il 23 giugno.

Com’è andato il summit sulla finanza climatica

Senza dubbio il summit è stato l’occasione per focalizzare l’attenzione sull’esigenza di mobilitare enormi somme per la finanza climatica. I principali osservatori, tra cui Bloomberg e Politico, concordano però sul fatto che i risultati tangibili siano stati modesti. Quattro i punti più rilevanti.

Diritti speciali di prelievo

I diritti speciali di prelievo sono una valuta teorica, calcolata sulla base del valore di dollaro, sterlina, euro, yen e yuan, utilizzata come unità di conto dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Nel 2021 il Fmi aveva triplicato la quantità di diritti speciali di prelievo a disposizione degli stati membri, arrivando a un volume di 650 miliardi di dollari, per aiutarli a fare fronte alla pandemia. La fetta più grossa era andata alle economie sviluppate, perché sono loro a partecipare in modo più consistente al capitale del Fondo monetario internazionale.

Al summit di Parigi, la direttrice operativa Kristalina Georgieva ha fatto sapere che i paesi industrializzati hanno messo a disposizione di quelli più vulnerabili ai cambiamenti climatici un totale di 100 miliardi di dollari di diritti speciali di prelievo. Si tratta dunque di un fondo a cui queste economie più deboli possono accedere in occasioni di emergenza, senza incidere sul proprio debito estero.

Come uscire dalla trappola del debito climatico

Proprio il debito estero è un tasto dolente: quando si verificano i disastri, infatti, i paesi colpiti sono costretti a riparare i danni e, così facendo, si indebitano ulteriormente. Si parla proprio di trappola del debito climatico. Al summit di Parigi se n’è discusso ampiamente, ipotizzando diverse soluzioni. Una di esse prevede di introdurre delle “pause” nel rimborso del debito: sarà testata dalla Banca mondiale e dall’Agenzia per le esportazioni del Regno Unito. Per ridurre l’impatto economico degli eventi estremi, è essenziale lavorare anche sull’adattamento (per esempio con i sistemi di allerta preventiva) e sui meccanismi assicurativi.

Eventi estremi in India
Una donna in una casa danneggiata dal ciclone Mandous. L’India è stata colpita da 573 eventi estremi in mezzo secolo © Arun Sankar/Afp via Getty Images

I 100 miliardi di dollari promessi per la finanza climatica

Tra i (pochi) risultati della Cop15 di Copenaghen del 2009 c’è stata l’istituzione del cosiddetto fondo verde per il clima. Le economie avanzate si sono impegnate a stanziare 100 miliardi di dollari l’anno, entro il 2020, per aiutare quelle in via di sviluppo nella mitigazione e nell’adattamento. Il 2020 però è passato senza che questa promessa venisse rispettata. Il presidente francese Macron si è detto “fiducioso” sul fatto che la meta venga raggiunta quest’anno.

Verso una tassa per il clima

Un’altra ipotesi caldeggiata da Emmanuel Macron è quella di finanziare l’azione per il clima attraverso una tassa da applicare a livello internazionale. Il dibattito è ancora aperto, quindi non è ben chiaro che forma assumerà: Macron ha citato due esempi che già sono stati adottati dalla Francia su scala nazionale, cioè la tassa sulle transazioni finanziarie e quella sui biglietti aerei. Una riforma di questo calibro dovrebbe essere negoziata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

I commenti dopo il summit sulla finanza climatica di Parigi

Il summit di Parigi sulla finanza climatica ha chiamato a raccolta non solo le alte cariche istituzionali degli stati e i vertici delle istituzioni finanziarie, ma anche gli esponenti della società civile che hanno organizzato diversi eventi collaterali. C’è chi si è portato a casa un senso di ottimismo. È il caso di Albon Ishoda, delegato delle isole Marshall, che sostiene che l’incontro abbia “rinnovato un senso di urgenza e di speranza per molti di noi”.

Per Andreas Sieber, direttore associato per le questioni globali della ong 350.org, è stato soltanto “un punto di partenza”. “Questo summit ha iniziato una discussione fondamentale: riformare un sistema finanziario ingiusto che non è adatto ad affrontare le sfide del nostro tempo, nello specifico la crisi climatica. Servono migliaia di miliardi per finanziare la transizione a sistemi basati sulle energie rinnovabili, eque e pulite, e per affrontare la povertà. Nonostante ciò, il summit ha realizzato solo una piccola parte di tutto questo”.

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