Presente al corteo l’attivista svedese ha detto: “Non puoi dire di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli emarginati”.
Dopo il Super Tuesday Clinton e Trump si preparano per lo scontro finale
Hillary Clinton e Donald Trump hanno consolidato il loro vantaggio nella corsa per diventare candidati presidenziali per il Partito democratico e il Partito repubblicano. Dodici stati e le Samoe americane hanno votato nella giornata del primo marzo, ovvero il Super Tuesday – il giorno delle primarie americane in cui viene assegnato il maggior numero di delegati. Clinton ha
Hillary Clinton e Donald Trump hanno consolidato il loro vantaggio nella corsa per diventare candidati presidenziali per il Partito democratico e il Partito repubblicano. Dodici stati e le Samoe americane hanno votato nella giornata del primo marzo, ovvero il Super Tuesday – il giorno delle primarie americane in cui viene assegnato il maggior numero di delegati. Clinton ha vinto in sette stati, Bernie Sanders in quattro. Nel campo avversario, anche Trump si è aggiudicato sette stati, seguito da Ted Cruz con tre e Marco Rubio con uno.
La storia del Super Tuesday
Il Super Tuesday così come lo conosciamo oggi è cominciato nel 1988, quando dodici stati del sud hanno votato nello stesso giorno per le primarie democratiche. Credevano che in questo modo sarebbero stati in grado di influenzare la competizione scegliendo il candidato che avesse più possibilità di vincere le elezioni presidenziali. Questa strategia non ha però sortito l’effetto desiderato e il repubblicano George H. W. Bush è diventato presidente. Al contrario, ha avuto effetti positivi con l’elezione del democratico Bill Clinton, che aveva vinto il Super Tuesday nel 1992.
Perchè è così importante
Quest’anno il Super Tuesday ha determinato l’assegnazione di quasi un quarto dei delegati repubblicani e un quinto di quelli democratici. I delegati sono coloro che ufficializzeranno i candidati dei due partiti durante le convention estive, in base alle preferenze espresse dal proprio stato di appartenenza.
La giornata si è svolta secondo le previsioni. Clinton ha conquistato il voto della minoranza afroamericana, Sanders ha stravinto nel suo stato, il Vermont, così come Cruz ha vinto nel suo Texas. Trump è riuscito ad accaparrarsi una sezione trasversale di votanti repubblicani malgrado una controversia dell’ultimo minuto per non aver non aver rinnegato l’appoggio di David Duke, l’ex leader dell’organizzazione terroristica, il Ku klux klan, che millantano la supremazia della razza bianca.
I candidati di entrambi i partiti hanno ottenuto i delegati in proporzione ai voti ricevuti ma sarebbe stato impossibile che il Super Tuesday decretasse l’esito delle primarie. Clinton è in vantaggio su Sanders di circa duecento delegati e Trump con più di cento su Cruz ma tecnicamente, anche se molto improbabile, le carte potrebbero mischiarsi di nuovo.
Verso lo scontro finale
Clinton e Trump stanno già guardando alla sfida più importante che probabilmente li vedrà battersi l’uno con l’altro per la carica di presidente. Nel suo discorso dopo la “vittoria” nel Super Tuesday la favorita democratica ha fatto un chiaro riferimento a Trump affermando che “la posta in gioco in queste elezioni non è mai stata così alta e la retorica della parte opposta non è mai stata così bassa”. Dall’altro lato, il leader repubblicano ha affermato nel suo discorso: “Il nostro paese sta andando a rotoli e Hillary Clinton non ha la più pallida idea di come evitarlo”. A differenza del suo tipico stile sfacciato e irremovibile, Trump si è dimostrato calmo e composto, ha detto di voler unificare il partito e si è congratulato con Cruz per le sue vittorie. Un Trump sobrio sembra sempre di più un possibile candidato presidenziale – diventando una chimera sempre più difficile da battere sia per i democratici che per i repubblicani.
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