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Più della metà dei cittadini svizzeri ha votato contro “un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse”.
Gli svizzeri non vogliono un’economia più verde. Al quesito referendario “Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse”, proposto dal Partito ecologista svizzero (Pes), il 63 per cento dei votanti ha risposto infatti negativamente. Il referendum che chiedeva una modifica della costituzione in modo da promuovere entro il 2050 una riduzione dell’impronta ecologica svizzera “ad un livello sopportabile per la natura” attraverso l’adozione di “protezione climatica, efficienza delle risorse e importazioni pulite” è stato votato domenica 25 settembre.
Con questa iniziativa il Pes avrebbe voluto che la Confederazione svizzera, i cantoni e i comuni adottassero misure per un’economia capace di impiegare le risorse in modo efficiente e in grado di preservare il più possibile l’ambiente. Un’economia fondata sulla rivalorizzazione dei beni di consumo, sul riciclaggio delle materie prime, sulla riduzione del dispendio energetico e delle emissioni inquinanti. Obiettivi da raggiungere entro il 2050 in modo tale che l’impronta dei consumi svizzeri, rapportata alla popolazione mondiale, non superasse le capacità della Terra.
L’attuale impronta ecologica della Svizzera, infatti, corrisponde a circa 4,8 ettari per persona, mentre a livello globale sono disponibili solo 1,7 ettari pro capite (per calcolare l’impronta ecologica si confronta l’impronta di un individuo con la quantità di terra disponibile pro capite). Come riporta il sito d’informazione swissinfo.ch, se tutta la popolazione mondiale impiegasse la stessa quantità di risorse consumata dagli abitanti della Svizzera, ci vorrebbero tre pianeti Terra per assicurare l’approvvigionamento.
I provvedimenti da adottare avrebbero promosso un’economia sostenibile e garantito un impiego efficiente delle risorse naturali, ad esempio stimolando la ricerca e l’innovazione, emanando prescrizioni sui prodotti e i rifiuti o adottando misure fiscali per incentivare una produzione a basso consumo di materie prime e di energie. Il governo avrebbe inoltre dovuto fissare degli obiettivi a medio e lungo termine e presentare un bilancio sul loro raggiungimento all’inizio di ogni legislatura.
Secondo il consiglio federale e i detrattori del “no”, tra cui i partiti di destra e di centro oltre che le lobby economiche più tradizionaliste, l’iniziativa voleva “troppo in troppo poco tempo”. La sua attuazione avrebbe costretto la Svizzera a ridurre del 60 per cento i consumi di risorse naturali in pochi decenni e ad adottare una serie di misure che avrebbero frenato la crescita economica, ridotto il margine di libertà d’impresa e soppresso posti di lavoro.
“La necessità di promuovere un’economia e consumi sostenibili non è stata messa in dubbio da nessuno”, ha precisato Doris Leuthard, responsabile del dipartimento federale dell’Ambiente, dei Trasporti, dell’Energia e delle Comunicazioni. “L’impiego di risorse naturali da parte degli svizzeri è troppo alto, stiamo gravando oltre misura sul pianeta”. Ma l’obiettivo proposto dal referendum “va raggiunto gradualmente facendo attenzione all’economia e alla popolazione”.
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