![La foresta pluviale del Galles tornerà al suo antico splendore](https://cdn.lifegate.it/JwG9LiDrEeQNwFqGExVLmnqOZO0=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/foresta-galles.png, https://cdn.lifegate.it/koNOxPot91AvOOw8uEhabYpHks0=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/foresta-galles.png 2x)
Grazie a un incredibile progetto sarà ripristinata la foresta pluviale temperata in Galles, riportando la natura del passato celtico.
Terra è il nuovo documentario di Yann Arthus-Bertrand in programmazione dal primo maggio su Netflix. Per far tornare l’uomo coi piedi per terra.
Un documentario che si pone l’obiettivo di mostrare l’evoluzione dell’umanità nel corso della storia e del suo rapporto con la natura. È Terra, il nuovo lavoro di Yann Arthus-Bertrand disponibile su Netflix a partire dal primo maggio. Il lavoro cerca di analizzare il viaggio della specie più strana e inimitabile (nel bene e nel male) del pianeta, con uno sguardo al passato. Guardando Terra si diventa testimoni di come la natura abbia dato vita a milioni di forme di vita eccezionali, uniche, stravaganti. Come ha fatto l’uomo a diventare consapevole di ciò che lo circonda? Com’è cambiata la sua visione nel corso dei millenni, fino ad arrivare all’attuale grado di sfruttamento senza rispetto? Come dovremmo tornare a interagire con le specie che ci circondano?
Arthus-Bertrand è da sempre, da quando ha deciso di esplorare – dall’alto – le bellezze terrestri diventando uno dei fotografi più amati al mondo, ambientalista. Con la sua fondazione GoodPlanet, Arthus-Bertrand cerca di “far amare di più la vita. Amare la vita completamente. E di amare gli altri allo stesso modo”. Un concetto che in Terra è ben espresso e che prosegue il percorso iniziato con Human. Il documentario, proiettato anche all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, racconta, infatti, come stia cambiando il concetto di umanità e come stiano cambiando le relazioni tra gli individui e le comunità. Terra cerca di riportare la specie umana coi piedi per terra, perché la condizione animale non è poi così diversa da quella umana.
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