Processo alla Tirreno Power, chiesti 86 anni di carcere

Secondo la pm, gli ex dirigenti della centrale a carbone sapevano dei livelli di inquinamento ma non sono intervenuti. Tirreno Power nega le accuse.

  • Gli ex dirigenti della centrale termoelettrica Tirreno Power sono imputati in un processo in corso a Savona.
  • L’obiettivo è quello di capire chi abbia causato l’inquinamento intorno a Vado Ligure.
  • Secondo l’accusa, Tirreno Power avrebbe sfruttato fino al 2013 i gruppi a carbone pur sapendo che erano inquinanti perché obsoleti.

C’è un processo in corso a Savona per stabilire chi abbia causato l’inquinamento dell’area intorno al paese di Vado Ligure. Per ora gli imputati sono gli ex dirigenti della Tirreno Power, la centrale termoelettrica alimentata a carbone dagli anni ’70 e fino al 2014, anno in cui i due gruppi a carbone sono stati messi sotto sequestro.

Il pubblico ministero ha chiesto la condanna a tre anni e mezzo per 24 imputati su 25, per un totale di oltre 86 anni di carcere. La motivazione: disastro ambientale e sanitario. Il processo, come detto, è in corso ma la vicenda fa già parlare di sé perché si tratta di stabilire che “chi inquina paga”. Un’ovvietà che però non lo è così tanto in Italia, dove il reato di disastro ambientale è stato introdotto solo di recente.

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Nell’area limitrofa alla centrale ci sarebbe un aumento dei casi di tumori © Maurizio Bongioanni

Per l’accusa, Tirreno Power sapeva ma non ha contenuto l’inquinamento

I gruppi a carbone della Tirreno Power sono stati posti sotto sequestro dopo le numerose denunce depositate dal comitato cittadino “Uniti per la salute”. L’avvocato dell’accusa Matteo Ceruti ha ricordato come i dirigenti abbiano violato gli obblighi informativi nei confronti delle amministrazioni locali (la centrale insiste sui comuni di Vado Ligure e Quiliano): “Una tela di Penelope di autorizzazioni dal 2007 al 2013 ha consentito la continuazione del funzionamento dei gruppi a carbone con valori molto lontani dalle migliori tecnologie disponibili”, ha detto.

Insomma, secondo l’accusa già prima del 2014 l’azienda sapeva ma non ha fatto abbastanza per contenere l’inquinamento. Fino al giorno del sequestro. La pubblico ministero Elisa Milocco ha presentato le relazioni depositate dai consulenti dell’accusa a sostegno della tesi secondo cui i fumi emessi dai gruppi a carbone avrebbero causato un aumento dell’inquinamento nonché della mortalità dei residenti. Milocco ha evidenziato che “è chiaro che l’attività della Tirreno Power è stata finalizzata a massimizzare i profitti e a contenere i costi. Questo è dimostrato dalla quantità di anidride solforosa prodotta, dalla mancata copertura del carbonile [ovvero dove viene stoccata la materia prima, nda], e dalla distribuzione di ingenti somme tra i soci. Fino al 2013 Tirreno Power ha sfruttato i gruppi a carbone sapendo che erano inquinanti perché obsoleti”. Le associazioni coinvolte hanno chiesto un risarcimento di 500mila euro. I ministeri dell’Ambiente e della Salute, invece, circa 26 milioni.

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Le torri della centrale © Maurizio Bongioanni

Gli studi parlano del 40 per cento in più di mortalità

Le parti civili invitano la corte a considerare gli studi epidemiologici e ambientali presentati da diversi esperti e consulenti nel corso del processo. Studi legati sia alla diffusione dei licheni, che permettono di misurare la qualità dell’aria perché vittime del biossido di zolfo, ma anche agli aspetti sanitari, come la diffusione dei tumori. Uno in particolare, del Cnr di Pisa, fotografava un netto aumento della mortalità nell’area: oltre il 40 per cento in più rispetto alla media.

Le difese però contestano questi studi e negano vi sia una correlazione tra questo dato e l’inquinamento prodotto dalla centrale. A tale proposito, citano il lavoro dell’Osservatorio della regione Liguria che ha escluso che nella zona della centrale sia peggiore in confronto a quella di altre aree.

Le argomentazioni della difesa

Il concetto di “migliori tecnologie disponibili” è anche il fulcro introno al quale ruota la posizione della difesa, rappresentata dall’ex ministra della Giustizia Paola Severino. “I limiti non sono mai e dico mai stati superati”: queste le sue parole, riportate dai giornali locali. “Quali sono gli episodi legati ai superamenti dei limiti? Li trovo solo in due episodi molto marginali e non correlabili al disastro ambientale”.

Secondo la difesa, il sequestro dei gruppi a carbone è avvenuto “richiamando le indicazioni delle migliori tecnologie disponibili e non il superamento dei limiti previsti dalla legge”. Insomma, la Tirreno Power non sarebbe intervenuta perché aveva sforato i livelli di inquinamento; al contrario, si sarebbe mossa con tempestività per prevenire tale problema.

Insomma, non è mai facile, in sede processuale, stabilire se l’inquinamento c’è stato e di chi è la colpa. Questo processo è rilevante perché può scrivere un’importante sentenza in questo senso. In un modo, o nell’altro.

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