L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
La polizia turca ha arrestato 13 giornalisti del quotidiano Cumhuriyet: un decreto pubblicato il 29 ottobre permette al governo di operare nuove “purghe”.
All’alba di lunedì 31 ottobre la polizia turca ha fatto irruzione presso le abitazioni di numerosi giornalisti del quotidiano d’opposizione Cumhuriyet. Il direttore Murat Sabuncu è stato arrestato a Istanbul, assieme al celebre cronista Kadri Gursel e al vignettista Musa Kart: in totale sono tredici i mandati di cattura spiccati dalle autorità della nazione euro-asiatica.
A denunciarlo è stata dapprima l’organizzazione International Press Institute, quindi lo stesso Cumhuriyet, che in un editoriale pubblicato sul proprio sito internet, intitolato “Noi non ci arrendiamo”, afferma di voler “proseguire fino alla fine la lotta per la democrazia e la libertà”. Il quotidiano è stato accusato da un procuratore di Istanbul di connivenza con due organizzazioni considerate terroristiche: il movimento di Fethullah Gülen, al quale è stato attribuito il tentativo fallito di colpo di stato del 15 luglio, e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). “Ho passato una vita a tentare di trascrivere sotto forma di caricature ciò che accade nella vita del mio paese. Oggi mi sembra di essere entrato in una di quelle vignette”, ha dichiarato Kart al momento dell’arresto.
Gli arresti del 31 ottobre rappresentano la diretta conseguenza del nuovo giro di vite annunciato soltanto due giorni prima dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Dai giorni del tentato golpe, in Turchia è stato dichiarato lo “stato d’emergenza”, che consente all’esecutivo di agire senza dover passare attraverso un voto del Parlamento. Così, le purghe hanno potuto toccare circa centomila funzionari, migliaia di magistrati, avvocati e docenti universitari.
Almeno trentamila persone sono state arrestate nei mesi scorsi, mentre il nuovo decreto pubblicato sabato consentirà di licenziare più di diecimila dipendenti pubblici: 2.500 presso il ministero della Giustizia, 3.500 nel sistema d’istruzione, 2.700 in quello sanitario e un centinaio nell’esercito. Inoltre, negli ultimi giorni è stata disposta la chiusura di quindici mezzi d’informazione curdi, tra i quali l’agenzia di stampa Dicle e il mensile Evrensel Kultu.
Cumhuriyet (“Repubblica”, in turco) da tempo si era lanciato in scelte editoriali coraggiose, come quando, nel 2015, decise di ripubblicare le vignette apparse sul giornale francese Charlie Hebdo. Il 6 maggio scorso l’ex direttore Can Dundar e il corrispondente da Ankara Erdem Gul sono stati condannati in prima istanza a cinque anni di reclusione per aver pubblicato un’inchiesta sulla vendita di armi, operata dai servizi segreti della Turchia, ai ribelli che in Siria combattono contro il governo di Bashar al-Assad.
Il 1 novembre centinaia di persone sono scese in piazza a via Istiklal, nel quartiere popolare di Sisli, a Istanbul, dove si trova la sede del giornale Cumhuriyet, par manifestare solidarietà nei confronti dei giornalisti arrestati. Nel frattempo, Erdogan continua le manovre militari al confine con l’Iraq: un convoglio composto da una trentina di veicoli, carri armati e pezzi d’artiglieria ha lasciato Ankara per dirigersi nella città di Silopi. A confermarlo sono stati alcuni responsabili militari, che tuttavia non hanno spiegato le ragioni del dispiegamento di uomini e mezzi.
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