Centinaia di migliaia di argentini sono scesi in piazza contro i tagli all’università voluti da Milei, che in campagna elettorale ha promesso di tagliare i bilanci con la motosega.
Isis, morto il leader al-Baghdadi. Le sconvolgenti parole di Donald Trump
Il califfo dello Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, si è ucciso in Siria durante l’attacco dell’esercito americano. “È morto come un cane”, ha commentato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha dato la notizia.
“Al-Baghdadi è morto. Era il fondatore e leader dell’Isis, l’organizzazione terroristica più spietata e violenta del mondo. Gli Stati Uniti l’hanno cercato per anni. Nel corso del mio mandato, catturarlo ha rappresentato la priorità in termini di sicurezza nazionale. È morto dopo essere fuggito in un vicolo cieco, frignando, piangendo e urlando per tutto il tragitto. Condotto dai cani alla fine del tunnel, si è fatto saltare in aria uccidendo tre dei suoi figli che erano con lui. È morto come un cane, come un codardo”.
Con queste parole il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato la morte di Abu Bakr al-Baghdadi, califfo dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (Isis). Come riferito alla Cia dai guerriglieri curdi e dall’intelligence irachena, il terrorista si era nascosto in una casa dotata di una rete di gallerie sotterranee a Barisha, uno sperduto villaggio di mille abitanti nella valle delle cosiddette “città fantasma”, in Siria nordoccidentale. Nella notte fra il 26 e il 27 ottobre gli elicotteri e le truppe statunitensi – dopo aver allertato russi, curdi e siriani – hanno attaccato il nascondiglio di al-Baghdadi. Che, messo alla strette, si è fatto esplodere. Il test del dna lo ha confermato. Oltre ai figli, hanno perso la vita due delle sue mogli e il portavoce Abul-Hasan al-Muhajir. Altri undici bambini sono stati tratti in salvo dall’esercito americano, anch’esso illeso.
Chi era Abu Bakr al-Baghdadi
Nato nel 1971 in Iraq e cresciuto in una famiglia musulmana sunnita molto religiosa, Abu Bakr al-Baghdadi si era trasformato da “una persona timida che amava il calcio” in un violento rivoltoso quando gli Stati Uniti, nel 2003, avevano invaso il suo paese. Nel 2010 era divenuto leader dell’Isis, dopo di che non c’era voluto molto tempo perché diventasse anche il terrorista più ricercato al mondo.
Leggi anche:
Cosa significa la morte di al-Baghdadi per l’Isis e per il mondo
Tuttavia, la sua perdita non rappresenta la fine dello Stato Islamico. “Morto un califfo, se ne fa un altro”, esordisce Lucio Caracciolo, direttore della rivista italiana di geopolitica Limes, ai microfoni di Radio Capital. “Gli americani fanno sempre la guerra a una persona, più che ad un popolo: pensiamo a Hitler, Milošević, Saddam Hussein. In quest’ottica, uccidere il capo del nemico rappresenta un grande successo in termini di propaganda. È un’arma che Trump sta utilizzando in una fase di difficoltà – è stata avviata una procedura di impeachment nei suoi confronti ad un anno dalle elezioni del 2020 – ma, purtroppo, è un’arma di propaganda anche per l’Isis, che ha un martire in più e certamente vorrà vendicarlo”.
Prima di ridicolizzare la vittima parlandone in maniera tanto aberrante, forse Trump dovrebbe prepararsi a quanto la sua scomparsa comporterà.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Dopo le accuse di molestie da parte delle sue calciatrici e le minacce ricevute, si è dimesso l’allenatore del Santos Femminile Kleiton Lima
La legge sugli agenti stranieri, usata in Russia per reprimere il dissenso, è stata approvata in prima lettura. Migliaia di persone hanno manifestato davanti al parlamento di Tbilisi: temono che la normativa comprometta i colloqui di adesione all’Unione europea.
Diverse fosse comuni sono state rinvenute nei pressi degli ospedali al Nasser e al Shifa, a Gaza. L’Onu chiede un’indagine indipendente.
Ci sono state alcune esplosioni in Iran. Fonti israeliane e iraniane parlano di attacco israeliano, ma mancano informazioni ufficiali.
In Sudan c’è la più grave crisi umanitaria al mondo, nonostante la poca attenzione della comunità internazionale sul conflitto iniziato un anno fa.
Dopo tre anni di carcerazione, Aung San Suu Kyi è stata trasferita ai domiciliari a causa del caldo torrido che sta colpendo il Myanmar.
A distanza di vent’anni, inizia la causa civile contro la società di contractor accusata di aver torturato i detenuti del carcere di Abu Ghraib.
Il 19 aprile iniziano le elezioni in India. Dureranno 44 giorni e chiameranno al voto quasi un miliardo di persone.